Ho passato buona parte della mia vita a evitare i matrimoni.
Dal 1985 al Luglio di quest'anno posso vantare con orgoglio solo due presenze: alla cerimonia del mio collega di tesi universitaria e a quella di un mio carissimo amico (Andrea G Costa, detto Il Mino).
Tra Agosto e l'inizio di Ottobre 2008 invece mi sono incoscentemente sorbito ben due wedding party lituani che, a differenza dei nostri o di quelli italiani, hanno le seguenti due caratteristiche: durano due giorni (un'infinità!) e sono costruiti attorno all'irrinunciabile tema dell'alcol (vodka, brandy, whisky fatto in casa e altri intrugli locali). Un vero e proprio paradiso per alcolizzati, ma una noia tremenda per le persone normali.
Di conseguenza ho insindacabilmente comunicato alla Indrė che questa recente immersione totale nel mondo delle nozze baltiche mi esenterà da ogni altro evento del genere per i prossimi 40 anni (e, tenendo conto che ne ho 38, ciò significa per il resto della mia vita).
Come Dio, il matrimonio è un'invenzione molto recente dell'homo sapiens sapiens (noi), invenzione francamente inutile.
Da un punto di vista teorico il matrimonio sancisce, per la coppia, una promessa di fedeltà monogamica che è scientificamente contraria alla natura bilogica dell'uomo (qui inteso come maschio). Da un punto di vista pratico il matrimonio si traduce in un rituale vuoto e stanco, a volte ravvivato con trovate kitsch o estreme (chi si sposa vestito da Elvis Presley, chi in cima alle Alpi, chi sott'acqua, chi lanciandosi col paracadute, ...).
Ma anche senza le righe qui sopra avrei potuto cavarmela dicendo che io ai matrimoni mi annoio a morte e dormo.
Nello specifico, dei matrimoni lituani posso dire quanto segue: la cerimonia civile dura non più di dieci minuti, quella religiosa (opzionale) solo poco di più. La festa vera e propria si svolge di norma in una struttura agrituristica nella cittadina natale di uno degli sposi (dove gli invitati restano in pernotto) e prevede un protocollo molto articolato, allestito con scrupolo e condotto a compimento dai due testimoni; ci sono declamazioni, giochi e balli (solitamente imperniati su vecchie musiche di Celentano o dei Ricchi E Poveri, con testi riadattati in Lituano). Ogni due per tre ci si alza da tavola con un bicchierino di vodka in mano e, con una scusa o con l'atra, si beve. Quando qualcuno si alza per fare un discorso o una dichiarazione non si può mangiare ma si deve ascoltare in silenzio. Ogni tavolata, o parte di essa, prevede la nomina di un capitano che ha il compito di prendersi cura dei suoi vicini (ovvero di versar loro da bere); e via di questo passo.
Si ingurgita cibo e si beve qualunque tipo di sostanza alcolica senza alcuna logica: si passa dalla vodka allo spumante, al brandy, al succo d'arancia, al vino, alla birra, al caffè, senza rispettare nessuna norma di gradazione alcolica.
Il primo giorno i partecipanti si dividono in due tipi: quelli che si ubriacano prima e quelli che si ubriacano dopo. Il secondo giorno gli invitati sono invece classificabili nelle due categorie seguenti: quelli che si ubriacano esattamente come hanno fatto il giorno prima e quelli che non toccano nemmeno una goccia d'alcol perché devono guidare.
Il primo giorno volge al termine tra le 4:00 e le 6:00 di mattina e il secondo si apre alle 9:30; accompagnate da un fisarmonicista, una o due ragazze vestite da infermiere irrompono in stanza per svegliarti e ti somministrano una medicina, che poi è il solito bicchierino di vodka. Devo ammettere che quest'ultima è una trovata che ho apprezzato molto perché rimanda alle buone e sane abitudini alpine del grappino mattutino.
Tra gli aspetti più fastidiosi c'è il fatto che capita di dover dormire in stanze con più persone, spesso sconosciute, su letti piccoli e scomodi. Quando va bene esistono bagni o docce condivise, quando va male nemmeno quelle.
L'aspetto kitsch dell'ultimo matrimonio è stata la mia prima esperienza in limousine (in Lituania sono a buon prezzo e molto diffuse): non ne sentivo il bisogno prima, non lo sentirò in futuro.
Scommetto che l'amico Stefano A Giaretta (detto Steve), in un matrimonio così ci avrebbe sguazzato.