Monday, March 31, 2008

Sondaggi

di Danielone
(apparso in origine su anniquaranta.blogspot.com il 29/03/2008)

Fra poche ore sarà vietato pubblicare sondaggi pre-elettorali e finirà questa oscena sceneggiata delle previsioni, che i molti istituti di ricerca hanno costruito usando panel di comodo a seconda del committente politico.
Ciò che nel mondo anglosassone è scienza asettica, rigorosamente testata nei decenni (e non pur priva di rischi di errore, come già si è visto nelle ultime presidenziali USA), nel Belpaese è divenuta una carnevalata, finalizzata a disinformare l'opinione pubblica.
I fondamentali della ricerca statistica (campionamento, rappresentatività socio-territoriale, analisi delle tendenze) sono nella bisaccia segreta del ricercatore, così come i metodi di rilevamento e le modalità del quesito.
Le previsioni sono così inattendibili che ci si è inventata la media delle rilevazioni, che è bestemmia scientifica, come fare media tra numero di mele e pere.
Ora lo spettacolino cala il sipario e nel gran finale spara le ultime previsioni, la cui media dice che la partita alla Camera sembra delineata a favore del PDL che, al contrario, sarà soccombente al Senato.
Verrebbe da dire: tutto secondo copione e previsione senza necessità di istituti di ricerca, tutto come il sentiment dell'opinione pubblica aveva colto dall'inizio della campagna elettorale, tutto come nella consapevolezza di PDL e PD che hanno fatto una delle campagne elettorali più ridicole e insulse dell'Italia repubblicana.
Un voto con esito scontato, e come anticamera della grande coalizione che in un lustro avrà il terribile compito di riscrivere tutte le regole dell'ordinamento democratico, dalla Costituzione alle leggi elettorali, essendo inoltre la passerella per un ricambio profondo della classe di governo in questo paese.
Aspettiamo questo nuovo scenario senza entusiasmi e con modeste speranze che da tanto squallore riesca a nascere un ipotetico nuovo.

Quotes and Aphorisms (20)

He who accepts evil without protesting against it is really cooperating with it
[Henry David Thoreau]

I hold this as a rule of life: too much of anything is bad
[Terence]

A diplomat is someone who can tell you to go to hell in such a way that you look forward to the trip
[Cashie Stinnett]

Quotes and Aphorisms (19)

The public is wonderfully tolerant, it forgives everything except genius
[Oscar Wilde]

God gave all men a penis and a brain, but only enough blood to run one at a time
[Robin Williams]

Let us not look back in anger or forward in fear, but around in awareness
[James Thurber]

TV da salvare

Non tutto quel che appare in TV è da buttare, esistono anche delle encomiabili eccezioni. E i programmi ben fatti a volte vengono trasmessi a orari normali.

Ne sono un esempio le rubriche TG2 Dossier, che va in onda ogni domenica dalle 18.00 alle 18.45 su RAI2, e TG2 Eat Parade, in onda subito dopo dalle 18.45 alle 19.00.
Ieri, per esempio, TG2 Dossier ha trasmesso un ottimo servizio sull'Antartide, denunciando, tra le altre cose, la riduzione dei fondi per la ricerca scientifica operata dagli ultimi due governi (fatto che sta determinando lo smantellamento delle nostre basi in loco nell'ironica ricorrenza dell'anno polare internazionale 2007-2008). Ma in generale il livello di servizi e reportage è molto buono tutte le settimane.

Ben fatta anche la rubrica No Excuse 2015 di MTV che, sempre per rimanere a ieri, dalle 19.00 alle 20.00, ha mandato in onda un bel servizio sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica (protagonosti e promotori della puntata il gruppo musicale Le Vibrazioni).

La trasmissione più riuscita resta comunque Report (www.report.rai.it) che ogni settimana apre il sipario degli orrori sugli innumerevoli scenari di declino che caratterizzano questo Paese.
La puntata di ieri sera ("A Fondo Perduto" di Sigfrido Ranucci) mi ha fatto concludere che lo Stato italiano, o si prende in carico il compito di sanare ciò che ci viene mostrato (e non può farlo), o prende due iniziative forti: contrattare delle quote annue di cittadini che possono richiedere asilo politico alla Danimarca e, per quelli che restano, inviare gratuitamente una cassa di whisky o grappa al mese per dimenticare.

Sunday, March 30, 2008

Siamo tutti Borbonici

di Beppe Grillo
(apparso in origine su www.beppegrillo.it il 25/11/2006)

E se il Borbone fosse in realtà il Savoia? E i veri patrioti i briganti? Il Regno delle due Sicilie esisteva, in modo assolutamente legittimo, da secoli. Napoli era la terza capitale d'Europa. Napoli aveva istituito la prima cattedra di economia in Europa. La prima linea ferroviaria: Napoli-Portici. Poi arrivarono i Savoia. La resistenza durò dieci anni. Qualcuno pensa che sia attiva ancora oggi. Dopo l'occupazione piemontese i capitali si trasferirono al Nord e, grazie alla tassa sul macinato, i meridionali nelle Americhe. Il Sud non fu liberato, ma consegnato al sottosviluppo. La Questione Meridionale deriva da un esproprio. Tutto è stato oggetto di revisionismo in Italia tranne il Risorgimento. Garibaldi è l'eroe dei due mondi e Francesco II un miserabile. Le piazze nel Meridione sono intitolate agli occupanti e allo stesso tempo si dice ancora cattivo come un Piemontese. Nulla contro i Piemontesi, molto contro la feroce repressione del generale Cialdini. Alla guida di un esercito di più di 100.000 uomini. Un po' come la guerra di liberazione in Iraq. Molto contro paesi incendiati e massacri. Contro deportazioni. E decine di migliaia di morti. A scuola il Borbone è il cattivo e il Savoia il buono. Stato borbonico è sinonimo di degrado delle istituzioni. Brigante di protomafioso. Forse vanno cambiati i testi di scuola oltre al significato delle parole. Rivalutati i patrioti che persero la vita contro l'esercito piemontese. Forse dobbiamo raccontarci un'altra storia. In cui il Risorgimento è stato in parte, in gran parte, espansionismo di una dinastia. Che ci ha lasciato in eredità l'emigrazione di milioni di persone che fuggivano dalla fame, due guerre mondiali, il fascismo. E uno stato savoiardo. Quello che ci ostiniamo a chiamare borbonico. Lo so, dopo il populismo, sto scivolando nel revisionismo.

Tavernello napoletano adulterato

Ho visto "Vedi Napoli e poi muori" (Italia, 2006) di Enrico Caria.

Da un titolo così mi aspettavo moltissimo. Alla fine mi sono ritrovato per le mani 115 minuti di totale inutilità. In questo film-documentario non c'è nulla che già si sapesse su Napoli e Scampia; è una collezione di luoghi comuni e banalità che affrontano la Camorra come un coniglio potrebbe affrontare una tigre da 200 km di distanza.

I pochi spezzoni di intervista a Roberto Saviano sono gli unici momenti di lucidità in un prodotto (questa la parola giusta) che è probabilmente l'ennesima fregatura napoletana.

Saturday, March 29, 2008

Tavernello norvegese annacquato

Ho visto "Factotum (Man of Many Jobs)" di Bent Hamer (2005). Cronaca quotidiana delle vicende esistenziali di Henry Chinaski, l'alter ego letterario di Charles Bukowski, qui interpretato da Matt Dillon.

Non ho letto il libro da cui è tratto il film e in generale non ho letto nulla di Bukowski, mi è quindi impossibile capire quanto il regista norvegese sia stato fedele al testo originale o quanto se ne sia liberamente distaccato.

Qualunque cosa di buono si sia voluto rappresentare con quest'opera io non sono stato in grado di vederlo. C'è l'autodistruzione alcolica del protagonista e c'è soprattutto la descrizione di un'esistenza piatta, sempre uguale a sé stessa e in cui è assente qualunque elemento di evoluzione, ma il tutto tende quasi subito a una profonda noia, quasi al sonno. Anche le immagini di degrado e squallore non riescono a colpire con abbastanza forza, non provocano quasi indignazione. Due dita di vino da tavola con l'aggiunta di un litro d'acqua.

Inquinamento catodico

Anche la TV inquina; inquina pesantemente le coscienze. È l'inquinamento operato dai cosiddetti mezzi di informazione, che molto spesso invece disinformano. Dietro a ciò il più delle volte c'è un disegno preciso, scientemente orchestrato da un'attenta regia, che evidentemente risponde in modo diretto ai poteri forti, alle tante corporazioni e ai loro enormi interessi economici; altre volte c'è più semplicemente un mix di ignoranza e superficialità giornalistica (che di solito non manca mai).

Tanti i modi di inquinare le notizie, credo ne parlerò in uno dei prossimi post. Per ora voglio limitarmi a un esempio di questi giorni.

Da circa una settimana i telegiornali nazionali hanno cominciato a mettere in giro la notizia secondo cui la situazione dei rifiuti a Napoli non danneggerebbe soltanto l'immagine di quella città, ma il Paese intero. Le tesi giornalistiche sostengono infatti che i TG esteri non farebbero alcuna distinzione tra Napoli e il resto del Paese, dunque vi sarebbe semplicemente una pericolosa e generica associazione tra rifiuti e cosiddetta Italia. I principali leader politici che si avviano alle imminenti elezioni di metà Aprile (su tutti Berlusconi e Veltroni) si sono tragicamente accodati al mesto coro. Della serie "peggio di così...".

Peccato che tutto ciò sia completamente falso. Per restare in tema, si tratta di una bufala bella e buona.
Ho la fortuna di incontrare spesso molti stranieri, principalmente Europei, e ho chiesto a molti di loro se fossero informati sulla questione dei rifiuti napoletani. Tutti, esattamente tutti, a precisa domanda, hanno risposto in modo altrettanto preciso che i loro organi di informazione hanno parlato e continuano a parlare e a mostrare le immagini di quel che succede a Napoli e che mai è stata fatta una vaga o generica associazione tra quella situazione specifica e il resto del Paese.
Gli Europei, contrariamente alla maggioranza degli Italiani, sono inoltre molto meno superficiali e molto più preparati da un punto di vista geografico: sanno esattamente dove si trovano Napoli, Firenze, Venezia, ecc.
Una riprova seria della falsità di questa notizia è naturalmente il fatto che la crisi del turismo e dei prodotti alimentari partenopei non si è per nulla avvertita e propagata altrove.

Friday, March 28, 2008

Logica debole (2). E io invece generalizzo

Spessissimo ci sentiamo ripetere frasi del tipo "non si deve mai generalizzare" o "generalizzare è sbagliato". Ma perché mai dovrebbe essere sbagliato generalizzare? Caso mai è sbagliato generalizzare male.

La generalizzazione è un'operazione logica, uno strumento, e dunque, come tutti gli strumenti, non è un qualcosa di sbagliato o giusto in sé, dipende da come esso viene utilizzato; un po' come se pretendessimo di appiccicare le stesse categorie di giusto/sbagliato a operazioni aritmetiche come l'addizione, la divisione, ecc.; le operazioni non sono giudicabili in questi termini, possono essere applicate male e fornire risultati errati (ma, con apparente paradosso, a volte anche giusti) o possono essere applicate bene e fornire risultati corretti.

La generalizzazione è una normale, ineliminabile e soprattutto potentissima attività del pensiero umano attraverso la quale, sulla base dell'osservazione delle caratteristiche di un campione ristretto di elementi tratti da un insieme più vasto, arriviamo a estendere quelle caratteristiche a tutto l'insieme.

Ad esempio, dopo aver visto un sufficiente numero di Svedesi, e aver constatato che i loro capelli sono per lo più biondi, ci sentiamo di estendere il concetto di biondo all'intera popolazione. La potenza di questo strumento è nel fatto che possiamo arrivare a conclusioni generalmente corrette su di un'intera popolazione come quella svedese senza dover osservare, uno per uno, i suoi oltre nove milioni di abitanti.

Su questo concetto di opportuna campionatura si basano, tra l'altro, tutte le indagini statistiche che i mezzi di informazione ci propinano ogni giorno. Per fare un esempio, per conoscere i gusti televisivi di 58 milioni di abitanti si studia il comportamento di non oltre duemila individui, naturalmente scelti con accuratezza in modo casuale.

Chi pensa sia sbagliato generalizzare probabilmente, ma erroneamente, è convinto che il contenuto di una generalizzazione debba essere vero per l'intera popolazione in esame. Ma è evidente che le cose non stanno così, una generalizzazione è invece corretta quando esprime un contenuto di verità valido per la maggioranza degli elementi di un insieme, non per la loro totalità; il fatto che maggioranza e totalità coincidano può solamente essere un curioso caso di teoria, una fortunata coincidenza, ma nulla di più.

Se ad esempio dico "Bolzano è più fredda di Barcellona" sto facendo una generalizzazione corretta. Nel 50% +1 dei giorni di un anno è sicuramente vero che la temperatura media di Bolzano è più bassa di quella di Barcellona; il fatto che in alcuni giorni si verifichi il contrario non inficia la veridicità della generalizzazione.

Una generalizzazione si può costruire partendo da un'affermazione assoluta con l'aggiunta di avverbi come generalmente o mediamente. Nel linguaggio parlato, più impreciso di quello logico e matematico, questi avverbi sono spesso omessi.
Si tende appunto a dire "Bolzano è più fredda di Barcellona" piuttosto che "Bolzano è generalmente più fredda di Barcellona". Da notare che se volessimo usare il rigore logico la frase "Bolzano è più fredda di Barcellona" è sbagliata in quanto esprime un concetto assoluto (il fatto che Bolzano sia sempre più fredda di Barcellona) ragionevolmente falso (è poco probabile che in tutti e 365 giorni di un anno a Bolzano faccia più freddo di Barcellona).

Inutile dunque mettere al bando il potere e la flessibilità delle generalizzazioni, è invece importante abituarsi a fare generalizzazioni corrette. E per farlo è necessario avere a disposizione informazioni di tipo corretto.
Se vado tre giorni in vacanza a Portofino e da lì pretendo di esprimere un giudizio su tutta la Liguria sto certamente facendo una generalizzazione sbagliata. Se parlo pochi minuti con una persona e comincio a emettere giudizi assoluti sulla stessa sto certamente facendo una generalizzazione sbagliata, anche se potrei essere fortunato e carpire il suo vero carattere.

Generalizzare correttamente non è poi così difficile anche se di errori ne verranno sempre commessi, in buona e cattiva fede. Ma siamo umani e delle generalizzazioni non possiamo farne a meno. Affermare il contrario sarebbe come dire che è giusto mettere al bando i coltelli dalle nostre cucine solo perché qualcuno li ha utilizzati e li utilizzerà per sgozzare altri esseri umani.
Come sempre è una questione di numeri e proporzioni.

Logica debole (1). Qui lo dico e qui lo nego

Quando qualcuno, nell'ambito di una discussione, vuole dare maggior forza alle proprie affermazioni lo si sente spesso fare ricorso a espressioni del tipo "è logico". Ma la logica per molti è spesso zoppicante.
Vi propongo un piccolo esperimento, al solito da condurre tra amici, colleghi e parenti. Il tema è quello dell'operazione logica di negazione.

Provate a chiedere la negazione di una frase semplice semplice come "tutti gli Svedesi sono biondi". Potete sbizzarrirvi a costruire frasi simili, tipo "tutti i corvi sono neri", "tutti i gatti fanno le fusa", "tutti gli alberi perdono le foglie", ecc. In generale frasi del tipo "tutti gli elementi dell'insieme X hanno la proprietà k".

Poi si tratta di registrare quante persone, sul totale degli intervistati, avranno dato la risposta sbagliata "nessuno Svedese è biondo".
Va da sé che la risposta corretta è "esiste almeno uno Svedese che non è biondo" (la negazione della proposizione "tutti gli elementi dell'insieme X hanno la proprietà k" è infatti "esiste almeno un elemento dell'insieme A che non ha la proprietà k").

Attenzione: mai stupirsi dei risultati.

Thursday, March 27, 2008

Berkeley e gli scemi del villaggio globale

Stefano Montanari (vedi post precedente) mi ha fatto tornare in mente i tempi del liceo e la mia passione per la Filosofia (oltre che per la Scienza). Ricordo che mi avevano affascinato moltissimo i grandi filosofi empiristi come Locke e Hobbes. Ma anche una figura minore, un personaggio un po' bizzarro che sin da subito aveva catturato le mie simpatie: George Berkeley.

Berkeley parte dagli assunti dell'Empirismo, ne estremizza le tesi fondanti e giunge all'elaborazione del concetto di immaterialismo. Il suo pensiero è ben condensato nell'espressione esse est percipi, ovvero esistere è essere percepito. Di fatto significa che esiste solo ciò che i nostri sensi possono percepire.

Un po' come per le nanoparticelle prodotte dagli inceneritori (PM2,5, PM1, PM0,1): non si vedono, la legge non se ne occupa, dunque non esistono.
E noi possiamo stare tutti più tranquili e vivere felici.

Siamo passati da una società in cui i saggi erano filosofi e uomini di scienza a una società in cui i nuovi saggi sono economisti, finanzieri, mercanti e industriali.

È l'investitura imperiale degli scemi del villaggio. In questo caso il villaggio globale. In ognuno dei nostri paesi e città c'è almeno un bonario scemo del villaggio. Li conosciamo dall'infanzia, li incontriamo per strada, li salutiamo; fanno parte del folklore locale, nel loro involontario essere bislacchi ci fanno tenerezza e ci suscitano simpatia, raramente danno fastidio o disturbano; ed è comunuque lungi da noi l'idea di deriderli, denigrarli o peggio ancora discriminarli. Ma allo stesso tempo a nessuno di noi verrebbe mai in mente di eleggerli sindaci alla guida delle nostre comunità.
Però oggi abbiamo degli scemi del villaggio che determinano le sorti e il futuro dell'intero pianeta. Buffo, no?

Inceneritori e nanopatologie

di Stefano Montanari
[Direttore Scientifico del laboratorio Nanodiagnostics di San Vito (Modena)]
(apparso in origine su www.nanodiagnostics.it)

Ormai non esiste più alcun dubbio a livello scientifico: le micro e nanoparticelle, comunque prodotte, una volta che siano riuscite a penetrare nell'organismo innescano tutta una serie di reazioni che possono tramutarsi in malattie. Le nanopatologie, appunto.

Se è vero che le manifestazioni patologiche più comuni sono forme tumorali è altrettanto vero che malformazioni fetali, malattie infiammatorie, allergiche e perfino neurologiche sono tutt'altro che rare. A prova di questo basta osservare ciò che accade ai reduci, militari o civili che siano, delle guerre del Golfo o dei Balcani o a chi sia scampato al crollo delle Torri Gemelle di New York e di quel crollo ha inalato le polveri.

Comunque prodotte ho scritto sopra a proposito di queste particelle che sono inorganiche, non biodegradabili e non biocompatibili. E l'ultimo aggettivo è sinonimo di patogenico. Il fatto, poi, che siano anche non biodegradabili, vale a dire che l'organismo non possieda meccanismi per trasformarle in qualcosa di eliminabile, rende l'innesco per la malattia eterno, dove l’aggettivo eterno va inteso secondo la durata della vita umana.

Le particelle di cui si è detto hanno dimensioni piccolissime, da qualche centesimo di millimetro fino a pochi milionesimi di millimetro, e più queste sono piccole più la loro capacità di penetrare intimamente nei tessuti è spiccata; tanto spiccata da riuscire perfino, in alcune circostanze e al di sotto di dimensioni inferiori al micron (un millesimo di millimetro), a penetrare nel nucleo delle cellule senza ledere la membrana che le avvolge. Come questo accada sarà il tema di un incipiente progetto di ricerca europeo che vedrà coinvolto come coordinatore il nostro gruppo.

Se è vero che la natura è una produttrice di queste polveri, e i vulcani ne sono un esempio, è pure vero che le polveri di origine naturale costituiscono una frazione minoritaria del totale che oggi si trova sia in atmosfera (atmosfera significa ciò che respiriamo) sia depositato al suolo, ed è pure vero che la loro granulometria media è, tutto sommato, relativamente grossolana.

È l'uomo il grande produttore di particolato, soprattutto quello più fine. Questo perché la tecnologia moderna è riuscita a ottenere a buon mercato temperature molto elevate a cui eseguire le più svariate operazioni e, in linea generale, a parità di materiale bruciato, più elevata è la temperatura alla quale un processo di combustione avviene, minore è la dimensione delle particelle che ne derivano. A questo proposito occorre anche tenere conto del fatto che ogni processo di combustione, nessuno escluso, produce particolato, sia esso primario o secondario. Per particolato primario s'intende quello che nasce direttamente nel crogiolo, per secondario, invece, quello che origina dalla reazione tra i gas esalati dalla combustione (tra gli altri ossidi di azoto e di zolfo) e la luce, il vapor d'acqua e i composti principalmente organici che si trovano in atmosfera.

Al momento attuale la legge prescrive che l'inquinamento particolato dell'aria sia valutato determinando la concentrazione di particelle che abbiano un diametro aerodinamico medio di 10 micron - le ormai famose PM10 - e prescrive che la valutazione avvenga per massa. Nulla si dice ancora, invece, a proposito delle polveri più sottili: le PM2,5 (cioè particelle con un diametro aerodinamico medio di 2,5 micron), le PM1 (diametro da 1 micron) e le PM0,1 (diametro da 0,1 micron). Sono proprio quelle le polveri realmente patogene, con una patogenicità che cresce in modo quasi esponenziale con il diminuire del diametro. E per avere un'idea degli effetti sulla salute di queste poveri occorre che le particelle siano non pesate ma classificate per dimensione e contate. Dal punto di vista pratico la massa di una particella da 10 micron corrisponde a quella di 64 particelle da 2,5 micron, oppure di 1.000 da un micron, oppure ancora a quella di 1.000.000 di particelle da 0,1 micron. Perciò valutare il particolato in massa e non per numero e dimensione delle particelle non dà indicazioni utili dal punto di vista sanitario e può, anzi, essere fuorviante.

Venendo al problema dell'inquinamento da rifiuti, è ovvio che questi debbano, in qualche modo, essere smaltiti.

A questo punto è necessario ricordare la cosiddetta legge di Lavoisier o della conservazione della massa. Questa recita che in una reazione chimica la massa delle sostanze reagenti è uguale alla massa dei prodotti di reazione. Il che significa che, secondo le leggi che regolano l'universo, noi riusciamo solo a trasformare le sostanze, ma non ad annullarne la massa.

Ciò che avviene quando s'inceneriscono i rifiuti, dunque, altro non è se non la loro trasformazione in qualcosa d'altro, e questa trasformazione è ottenuta tramite l'applicazione di energia sotto forma di calore.

Stante tutto ciò che ho scritto sopra e che è notissimo sia tra gli scienziati sia tra gli studenti delle scuole medie, se noi bruciamo l'immondizia altro non facciamo se non trasformarla in particelle tanto piccole da farle scomparire alla vista e con i cosiddetti termovalorizzatori – una parola che esiste solo in Italiano e che evoca l'idea ingenuamente falsa che si ricavi valore economico dall'operazione – la trasformazione produce particelle ancora più minute e dunque più tossiche.

Malauguratamente non esiste alcun tipo di filtro industriale capace di bloccare il particolato da 2,5 micron o inferiore a questo, ma dal punto di vista dei calcoli che si fanno in base alle leggi vigenti questo ha ben poca importanza: il termovalorizzatore produce pochissimo PM10 (peraltro la legge sugl'inceneritori prescrive ancora la ricerca delle cosiddette polveri totali ed è perciò ancora più arretrata) e la quantità enorme di altro particolato non rientra nelle valutazioni. Ragion per cui, a norma di legge l'aria è pulita. Ancora malauguratamente, tuttavia, l'organismo non si cura delle leggi e le patologie da polveri sottili (le PM10 sono tecnicamente polveri grossolane), un tempo ignorate ma ora sempre più conosciute, sono in costante aumento. Tra queste le malformazioni fetali e i tumori infantili.

Tornando alla legge di Lavoisier uno dei problemi di cui tener conto nell'incenerimento dei rifiuti è la quantità di residuo che si ottiene. Poiché nel processo d'incenerimento occorre aggiungere all'immondizia calce viva e una rilevante quantità d'acqua, da una tonnellata di rifiuti bruciata escono una tonnellata di fumi, da 280 a 300 kg di ceneri solide, 30 kg di ceneri volanti (la cui tossicità è enorme), 650 kg di acqua sporca (da depurare) e 25 kg di gesso. Il che significa il doppio di quanto si è inteso smaltire, con l'aggravante di avere trasformato il tutto in un prodotto altamente patogenico. E in questo breve scritto si tiene conto solo del particolato inorganico e non di tutto il resto, dalle diossine (ridotte in quantità ma non eliminate dall'alta temperatura), ai furani, agl'idrocarburi policiclici, agli acidi inorganici (cloridrico, fluoridrico, solforico, ecc.), all'ossido di carbonio e quant'altro.

Affermare poi che incenerire i rifiuti significa non ricorrere più alle discariche è un ulteriore falso, dato che le ceneri vanno smaltite per legge (decreto Ronchi) in discariche per rifiuti tossici speciali di tipo B1.

Si mediti poi anche sul fatto che l'incenerimento comporta il mancato riciclaggio di materiali come plastiche, carta e legno. I termovalorizzatori devono funzionare ad alta temperatura e per questo hanno bisogno di quei materiali che possiedono un'alta capacità calorifica, vale a dire proprio le plastiche, la carta e il legno che potrebbero e dovrebbero essere oggetto di tutt'altro che difficile riciclaggio.

Tralascio qui del tutto il problema economico perché non rientra nell'argomento specifico, ma il bilancio energetico è fallimentare e, se non ci fossero le tasse dei cittadini a sostenere questa forma di trattamento dei rifiuti, a nessuno verrebbe mai l'idea di costruire impianti così irrazionali.

Rimandando per un trattamento esaustivo dell'argomento ai numerosi testi che lo descrivono compiutamente, compresi i siti Internet dell'ARPA e di varie AUSL, la conclusione che qualunque scienziato non può che trarre è che incenerire i rifiuti è una pratica che non si regge su alcun razionale. Ma al di là della scienza il sensus communis del buon padre di famiglia che per i Romani era legge può costituire un'ottima guida. Usare i cosiddetti termovalorizzatori spacciandoli per un miglioramento tecnico, poi, non fa che peggiorare la situazione dal punto di vista del nanopatologo, ricorrendo questi a temperature più elevate.

Perciò una pratica simile non può essere in alcun modo presa in considerazione come alternativa per la soluzione del problema legato allo smaltimento dei rifiuti, se non altro perché i rifiuti non vengono affatto smaltiti ma raddoppiati come massa e resi incomparabilmente più nocivi.

Wednesday, March 26, 2008

Glueland

Glueland, traducendo dall'Inglese, significa il Paese della Colla; la colla è quella che tiene incollati i Parlamentari Italiani alle loro poltrone.

Sono informazioni riportate su vari siti internet e blog ma che vale la pena ricordare a chi ancora dubita dell'efficacia di porre un limite, possibilmente di due legislature, alla permanenza (ma Grillo la chiama più correttamente persistenza) di deputati e senatori nelle istituzioni di questo Paese; ecco una selezione dei casi più significativi:

7 legislature (livello principianti):

Emma Bonino
Pier Ferdinando Casini
Francesco D'Onofrio
Gianfranco Fini
Sergio Mattarella
Altero Matteoli
Vincenzo Visco

8 legislature (livello intermedio):

Ciriaco De Mita
Nicola Mancino
Valdo Spini
Luciano Violante

9 legislature (livello avanzato):

Gerardo Bianco
Giorgio La Malfa
Clemente Mastella
Giuseppe Pisanu

10 legislature (top end):

Alfredo Biondi
Armando Cossutta
Mirko Tremaglia

Fuori concorso, in quanto passati a senatori a vita:

Giulio Andreotti
Francesco Cossiga

Blindness

Sabato scorso sono stato al parco faunistico "Le Cornelle" (www.lecornelle.it) di Valbrembo, vicino a Bergamo; bellissimo (anche se vedere certi animali in spazi che, per quanto ampi, sono comunque troppo ristretti mette addosso una profonda tristezza). Tra gli altri, ho visto leoni molto rari, le famose tigri bianche, puma, ghepardi, orsi.

Tornato a casa ho immaginato una scena strana: un ragazzo di 19 anni si avvicina al recinto dei leoni; ignora i cartelli di pericolo che invitano a stare dietro le protezioni, varca la robusta staccionata che separa i visitatori dalla gabbia, si arrampica sull'alta rete metallica e si getta tra i felini; felini solitamente non aggressivi, anche perché accuratamente nutriti a intervalli regolari e sicuramente resi relativamente mansueti dalle comodità e dalla sedentarietà di quel tipo di vita poco naturale; felini che però, questa volta, avvertita l'invasione del loro territorio, attaccano il ragazzo e lo sbranano. Intervistati dalla stampa, i parenti fanno sapere che si trattava di un bravo ragazzo, sensibile e dolcissimo, e che probabilmente era la prima volta che si arrampicava sulla gabbia dei leoni. Voi penserete che nulla si può fare di fronte all'imprevedibilità di simili eventi. Ma voi siete troppo ingenui: il giorno dopo parte una spedizione per abbattere i leoni killer.

Follia? In qualunque Paese sì, in questo Paese no.

Nei giorni scorsi, durante un rave party tenutosi a Segrate, vicino a Milano, è morto un diciannovenne per una overdose dovuta a un mix di alcool e droghe sintetiche. Le televisioni nazionali e locali si sono affrettate a intervistare i parenti che descrivevano il defunto come un bravo ragazzo, sensibile, dolcissimo, e che probabilmente aveva partecipato a una manifestazione del genere per la prima volta. Nel frattempo è partita la caccia agli spacciatori killer.

La vera tragedia è che ne è morto uno solo.

Friday, March 21, 2008

Italiani, popolo di lettori

Gli Italiani, come hanno rilevato tutte le statistiche degli ultimi anni, leggono poco, molto poco. Nel 2006 un'indagine dell'IStat (Istituto Nazionale di Statistica), poi ripresa dall'Associazione Italiana Editori (AIE) aveva messo in evidenza come la spesa media di un Italiano per l'acquisto di libri fosse di circa 65 euro l'anno contro i 208 della Norvegia.

Gli Italiani sono pigri e leggono poco anche i quotidiani. Anzi, sono così pigri che i quotidiani se li fanno leggere dagli altri, di solito in TV, la mattina presto. Basta infatti accendere la televisione dalle 6.45 in avanti ed è tutto un fiorire di trasmissioni nazionali e locali dove qualcuno apre un giornale e lo commenta per chi ascolta.

Gli Italiani sono però primi in Europa in fatto di telefonini posseduti per persona.

Thursday, March 20, 2008

Sunshine

Ho visto "Sunshine" (2007) di Danny Boyle, regista atipico e non convenzionale, ai più probabilmente noto soprattutto per "Trainspotting".

Un breve cenno alla trama: nell'anno 2057 il Sole si sta spegnendo e il genere umano è prossimo all'estinzione; l'unica speranza di sopravvivenza è affidata all'Icarus II, una nave spaziale che ha come disperata missione quella di sganciare sul polo sud solare un ordigno nucleare che possa riattivare la stella. Durante il viaggio l'equipaggio riceve un inatteso e misterioso segnale proveniente dall'Icarus I, navicella scomparsa in una missione analoga sette anni prima a causa di un incidente mai chiarito. Il tentativo di modificare la rotta per far visita alla nave creduta dispersa sarà all'origine di incidenti e vicende di varia natura.

Il mio giudizio finale è in buona parte negativo. La trama è banale, certamente si apprezza lo sforzo di caratterizzazione degli otto personaggi (soprattutto in chiave psicologia) ma i risultati sono limitati ed emerge un certo senso di incompiutezza; nell'ultimo quarto di film si sfiora poi il ridicolo con trovate sceniche che fanno pensare più a una produzione made in USA che UK, inoltre alcune citazioni ai capolavori del genere (su tutti "Solaris" e "2001. Odissea nello Spazio") sono fin troppo evidenti.

Più si guarda il film con gli occhiali della razionalità tanto maggiore è il tasso di delusione che ne deriva. Ma è vero anche il contrario. E, se è vero che un'opera artistica ha (tanto per citare Lucio Battisti) lo scopo primario di suscitare emozioni, da questo punto di vista "Sunshine" mostra alcuni spunti di grandissimo pregio. Le immagini, ma soprattutto i suoni, i silenzi e i rumori, riescono infatti a trasmettere in modo magistrale tutta la claustrofobia, l'infinitezza, il terrore, la solitudine e l'ostilità dello spazio profondo.

Quando il film termina è come risvegliarsi da un incubo orrendo, con quella splendida freschissima sensazione di sollievo che tutti ben conosciamo. Ed è in questo il valore di una negatività che diventa altamente funzionale: lo shock aiuta a eliminare le tossine generate dalla piattezza della quotidianità e genera rinnovato amore e apprezzamento per la semplicità e l'armonia delle cose che ci stanno attorno.

Wednesday, March 19, 2008

Espressioni rivelatrici

Non ho idea di quanti siano i dibattiti politici trasmessi in TV a cui ho avuto modo di assistire nel corso della mia vita, a occhio e croce direi non meno di duecento.
In ciascuna di queste occasioni ho sempre trovato interessanti quelle che io chiamo le espressioni rivelatrici. Un esempio? Supponiamo che un giornalista o un telespettatore rivolga al politico di turno una certa domanda, una domanda che pone un problema specifico e ben definito, e supponiamo che voi riteniate che la soluzione a quel problema sia relativamente semplice; bene, se la risposta del politico contiene o inizia con un'espressione del tipo "la situazione è (molto/particolarmente/estremamente) complessa" allora si può avere la certezza di quanto segue: o chi risponde non ha la minima idea di quel che sta per dire oppure sta semplicemente mentendo.

Tuesday, March 18, 2008

Game Over

di Beppe Grillo
(apparso in origine su www.beppegrillo.it il 31/10/2006)

Vorrei fare un appello alla criminalità organizzata. La prima potenza economica del Paese. La prima industria [...]. Le mafie hanno vinto. Si sono annesse città, province, regioni. Bisogna essere leali e riconoscerlo. Chi vince, vince. Ma non bisogna esagerare. Senza un avversario si perde il senso della competizione. Le procure stanno fallendo. Non hanno più carta, benzina, toner, computer. La Procura Nazionale Antimafia si è subito attivata. Ha inviato alla Procura di Catania 20 ticket benzina da 10 euro. Servono giusto per mezz'ora di inseguimento. Se i magistrati del pool antimafia si dimettono. Se i fondi vengono tagliati del 50%. Se la giustizia è ceppalonica. Allora non c'è più gioco. La criminalità fattura in alcune regioni più di tutto il resto dell'economia messo insieme. Una donazione in nero, estero su estero alle procure è quindi un nonnulla. Va fatto per senso di sportività. Ognuno si adotta la sua. Il rischio di perdere non ci sarebbe comunque e sarebbe assicurata una bella figura. Ogni mafia adotti, per competenza territoriale, la sua procura. Faccia recapitare qualche pacco di carta da fax, dei PC di contrabbando, qualche auto rubata con il pieno. Magari anche rotoli di carta igienica. Dia ai cittadini la sensazione che lo Stato esiste ancora. È solo un'illusione. Ma è meglio di niente.

Australia

di Beppe Grillo
(apparso in origine su www.beppegrillo.it il 05/11/2006)

In Italia, se togliamo le seguenti categorie: bambini, pensionati, dipendenti pubblici, sindacalisti, evasori, politici, falsi invalidi, disoccupati, criminalità organizzata, carcerati, ciò che rimane sono due milioni di persone che producono per tutti. Persone che vengono vessate dai dipendenti pubblici, rapinate dalla criminalità organizzata, prese per il c..o dai politici, sbeffeggiate dai carcerati indultati, derise dagli evasori, compatite dai falsi invalidi, segnate a dito dai sindacalisti. Persone che versano i contributi per i pensionati e il sussidio di disoccupazione ai disoccupati. Due milioni di persone che tutto il pianeta ci invidia. Un miracolo economico. Ognuna mantiene un nucleo familiare di una trentina di unità. Ma è una razza da soma che si sta pian piano estinguendo. Gli Italiani presto dovranno mantenersi da soli. Due milioni di persone sostengono, con le loro tasse, intere regioni italiane e classi sociali. Se qualcuno di questi due milioni è in ascolto, avrei una proposta. Contiamoci, firmiamo una richiesta di asilo all'Australia. Due milioni di lavoratori che producono l'intero PIL italiano sono una ricchezza non trascurabile. Un patrimonio dell'umanità. Ci basterebbe un pezzetto del Queensland o del Victoria. Una nuova vita senza parassiti. I circa 56 milioni di Italiani rimanenti potrebbero farsi adottare dalla FAO. Ne avrebbero certamente bisogno.

Monday, March 17, 2008

Vaso pieno, vaso pieno

C'è un libro che mi ritrovo a citare spesso: "Come Smettere di Farsi le Seghe Mentali e Godersi la Vita" di Giulio Cesare Giacobbe. Nel testo l'autore indica come soluzione alle nevrosi moderne quella di smettere di pensare ed essere presenti a sé stessi.

Mi fa pensare alla nostra mente come a un vaso che tende a riempirsi di pensieri; dunque il trucco è quello di essere noi, nel modo più consapevole possibile, a scegliere con quali pensieri riempire il vaso. Se infatti la nostra mente è colma di pensieri positivi automaticamente non ci sarà più spazio per quelli negativi (ma vale anche il viceversa).

I pensieri positivi sono quelli relativi al presente, sono il descrivere interiormente quello che si sta facendo in un determinato momento, quello che si vede, quello che si sente, e quello che in genere stimola i nostri sensi. Vado in auto al lavoro, mi osservo mentre tengo le mani sul volante, e descrivo le sensazioni tattili che provano le mie dita, o i miei occhi mentre osservano le diverse tonalità del cielo, le mie orecchie mentre sentono i rumori all'esterno o la musica che fluisce dalla radio, e così via.

I pensieri negativi, al contrario, sono l'irrealtà, cioè il pensare al passato o al futuro, rimuginare su quello che è stato e non può più essere cambiato o immaginare quello che potrebbe essere. Vado in auto al lavoro e penso a quello che dovrò fare, a cosa dirò al mio capo, ai rapporti con i colleghi, o penso a qualche situazione di tensione occorsa la settimana prima.

Il concetto del vaso pieno funziona anche quando pensiamo al sistema dei cosiddetti mezzi di informazione, specialmente in questo Paese. Ogni giorno i telegiornali e i giornali ci danno praticamente le stesse notizie, quasi sempre nello stesso ordine di importanza. E allora è molto meglio spegnere la TV e richiudere i giornali e fare un po' di ricerca attiva sulla Rete, o ascoltare un buon disco, o ancora preparare uno spuntino o fare una passeggiata.

Do the wrong thing

Non succederà mai perché è una cosa giusta, è la cosa giusta da fare, e questo è invece un mondo che funziona ormai al contrario. Non succederà mai, ma i Paesi europei, e anche gli altri, dovrebbero dire no alle Olimpiadi di Beijing. Quel che sta sucecdendo in Tibet in questi giorni non può passare sotto silenzio ancora una volta.
Tutti hanno condannato la Cina a parole, ma servono fatti e azioni concrete, anche simboliche, non le solite inutili parole. Siamo pieni di parole e di dichiarazioni politiche. Un'infinità di parole, un assordante rumore di fondo che porta a perdere di vista e a dimenticare le cose essenziali. La gente dimentica in fretta. Io però non dimentico che lo scorso autunno, dal 7 al 9 Dicembre 2007, il Dalai Lama è venuto a Milano e sia il capo della maggioranza che quello dell'opposizione si sono vergognosamente rifiutati di incontrarlo. Non c'è più dubbio: la Cina è ormai il Paese più potente del mondo.

Sunday, March 16, 2008

Di che colore?

Riflettevo su un fatto: chissà perché si è deciso di chiamare i Neri persone di colore. Viene infatti subito da chiedersi di che colore siano. O meglio, questa sarebbe la prima cosa che verrebbe in mente a un bambino, noi adulti siamo invece troppo assuefatti al quotidiano lavaggio del cervello da parte dei cosiddetti mezzi di informazione per poterci permettere simili livelli di autoconsapevolezza.
Dato comunque che i Neri sono neri, o meglio marroni, non varrebbe la pena di chiamarli direttamente così? Di colore suona un po' ipocrita, un po' come chiamare anziani i vecchi o diversamente abili i disabili. Questi tentativi di addolcire le parole per allontanarle sempre più dal loro significato reale non rappresentano mai un buon segno, rivelano al contrario una preoccupante tendenza autodistruttiva delle società moderne di fuggire dalla realtà, bella o brutta che sia.
Oggi praticamente tutti usano l'espressione di colore; come si suol dire, fa tanto politically correct, ma l'idea che noi Bianchi chiamiamo di colore un'altra razza presuppone, tra l'altro, che noi non abbiamo colore, il che è ovviamente falso, visto che siamo rosa.

La pazzia del Monte Bianco (2)

(apparso in origine su www.evk2cnr.org il 07/03/2008 con il titolo "Monte Bianco: ecco i primi dati della stazione sul Ghiacciaio del Gigante")

Otto gradi a 3.500 metri di quota, nel mese di Febbraio, sul massiccio del Monte Bianco. E poi di colpo un picco al ribasso, fino a 23° sottozero. Queste le prime, sorprendenti, informazioni fornite dalla nuova stazione meteorologica installata all'ombra del Dente del Gigante dall'Università di Milano e dal Comitato Ev-K²-CNR [abbreviazione di Everest - K2 - CNR], nell'ambito di un progetto finanziato da Osram [la nota azienda tedesca, al primo posto in Germania e tra i primi nel mondo per la produzione di lampadine, lampade e apparecchi di illuminazione, che deriva il suo nome dai nomi tedeschi di Osmio e Tungsteno, quest'ultimo chiamato appunto anche Wolframio]. Si tratta della più alta stazione di monitoraggio meteo-glaciale mai realizzata in Italia.
La stazione meteorologica automatica AWS – Gigante – Osram [AWS è l'acronimo di Automatic Weather Station] fa parte della rete SHARE [acronimo di Stations at High Altitude for Research on the Environment] e di un progetto di studio dei ghiacciai alpini, considerati universalmente uno degli indicatori più affidabili del clima e dei cambiamenti globali. La stazione è stata collocata sulla superficie del Ghiacciaio Gigante, vicino alla Stazione di arrivo delle Funivie Monte Bianco. Dopo alcune settimane di test nelle difficili condizioni operative invernali, la stazione ha fornito i primi dati sul clima di questi mesi, che sono risultati eccezionalmente caldi soprattutto nelle ultime settimane.

"Il 23 Febbraio abbiamo registrato una temperatura di 8 gradi e mezzo" spiega Guglielmina Diolaiuti, responsabile scientifica del progetto. "È un dato sorprendente per il periodo invernale a 3.450 metri di quota, peraltro su un colle ventilato. Soprattutto per il fatto che non è un dato isolato: sia il giorno prima che i giorni successivi ci sono state temperature sopra lo zero, tra i 3 e gli 8 gradi. Dal primo Marzo c'è stato invece un crollo delle temperature: abbiamo toccato i -22.5 gradi alle otto del mattino e i -22.8 la sera".

La stazione sul Monte Bianco ha però diversi sensori per il monitoraggio meteo-climatico. "Oltre alla temperatura" spiega Gian Pietro Verza, responsabile tecnico delle stazioni di monitoraggio Ev-K²-CNR, "registra umidità relativa e pressione atmosferica. Ma è dotata anche di sensori che misurano lo spessore del manto nevoso, la radiazione solare in entrata e in uscita e la radiazione a infrarossi provenienti dall'atmosfera e dalla superficie del ghiacciaio".

"Quelli sulla radiazione sono altri dati significativi" racconta la Diolaiuti. "Ci risulta che il ghiacciaio abbia assorbito, in questo periodo, il 31 per cento dell'energia solare in arrivo. È un valore tipico delle stagioni aride. La neve è vecchia, scura, riflette meno la luce e invece la assorbe favorendo la fusione. La situazione nel complesso, ha portato a una certa perdita di manto nevoso che nell'ultima settimana è variato intensamente a causa di processi di compattazione e fusione favoriti dal saliscendi delle temperature".

"Sono cose" conclude la ricercatrice "che concorrono a deteriorare il manto nevoso e possono mettere in crisi il ghiacciaio nel periodo estivo: se il ghiacciaio si mangia buona parte dell'accumulo di neve in inverno, arriva in estate meno preparato al caldo e va incontro a perdite più intense".

Insomma, appena installata, questa stazione ha già fornito dati sorprendenti e preziosi sul clima delle Alpi. E da oggi, questi dati della stazione sono anche online. È stata infatti attivata la posizione modem-GSM che permette lo scarico dei dati da remoto e quindi l'aggiornamento in tempo reale delle condizioni meteo in alta quota (3.450 metri).

Finora, in Italia, non c'erano informazioni sui bacini di accumulo dei ghiacciai a una quota così alta. Ora, però, grazie alle registrazioni della stazione del Gigante si potrà comprendere meglio l'intensità delle variazioni climatiche in atto, che ad alta quota risultano più chiare ed evidenti. Di conseguenza, si potranno elaborare scenari previsionali più precisi, sulla base dei quali adottare adeguate politiche gestionali e ambientali.

"I dati della stazione del Gigante si stanno rivelando fondamentali anche per campi di ricerca al di fuori della glaciologia" racconta la Diolaiuti. "Siamo infatti già stati contattati dai ricercatori dell'Università dell'Insubria che studiano la degradazione delle rocce e del permafrost in alta quota per attivare una collaborazione".

La missione congiunta Università di Milano – Comitato Ev-K²-CNR ha permesso di ottimizzare la stazione, prodotta da LSI [acronimo di Laboratori di Strumentazione Industriale, azienda di Settala (Milano), www.lsi-lastem.it], e renderla operativa al 100 per cento. Ciò è stato possibile grazie anche alla collaborazione delle Funivie Monte Bianco, del Comitato Glaciologico Italiano e della Cabina di Regia dei ghiacciai valdostani.

Importante sottolineare che la stazione del Gigante fa parte della rete SHARE e va a incrementare la rete di monitoraggio meteo glaciale che stanno realizzando l'Unversità di Milano e il Comitato Ev-K²-CNR col supporto di numerosi enti [...]. La rete fa capo a un progetto scientifico volto allo studio degli scambi energetici e di massa dei ghiacciai alpini e alla qualificazione del loro impatto sul rilascio idrico conseguente alla fusione nivale e glaciale.

Si tratta di un'idea che nasce dalla necessità di monitorare le masse glaciali, considerate senza dubbio i più attendibili indicatori dei cambiamenti climatici in atto. Il progetto è coordinato dal Professor Claudio Smiraglia, Presidente del Comitato Glaciologico Italiano, e dalla dottoressa Guglielmina Diolaiuti. Entrambi sono ricercatori del Comitato Ev-K²-CNR e dell'Università di Milano.

Quotes and Aphorisms (18)

Know thyself
[Socrates]

Do not fear to be eccentric in opinion, for every opinion now accepted was once eccentric
[Bertrand Russell]

Man must have a master. If he is not his own master, then someone else will be
[Theodore Roosevelt]

Saturday, March 15, 2008

La pazzia del Monte Bianco (1)

di Luigi Bignami
(apparso in origine su www.repubblica.it il 14/10/2007 con il titolo "Monte Bianco in controtendenza. Il ghiacciaio aumenta di volume")

In due anni il Tetto d'Europa, il Monte Bianco, ha guadagnato 2,15 metri in altezza e addirittura 10.000 metri cubi di ghiaccio sulla sua calotta principale. La nuova quota della cima è ora 4.810,90 metri, altezza che a memoria d'uomo non è mai stata registrata. Lo rivela "Le Figaro", quotidiano francese. La nuova quota del Monte Bianco non è imputabile alla crescita della parte rocciosa della montagna (la quale può elevarsi al massimo di pochi centimetri all'anno), bensì a un aumento della calotta glaciale, la quale, contraddicendo tutte le previsioni, almeno in alta quota, sta aumentando in quantità anziché diminuire.

Le misure sono state realizzate dal National Geographic Institute francese e dal Leica Geosystems sempre nello stesso punto e nello stesso periodo dell'anno. Nel 2003 il volume di ghiaccio sopra i 4.800 metri era di 14.600 metri cubi. Esso scese a 14.300 metri cubi nel 2005, ma ora ha raggiunto i 24.100 metri cubi. Il motivo? Lo spiega Yan Giezendanner, meteorologo di Chamonix: "Negli ultimi anni la montagna ha ricevuto una notevole quantità di venti occidentali, che sembrano in aumento rispetto ai decenni scorsi, i quali trasportano maggiore umidità. Oltre i 4.000 metri di quota tale umidità si trasforma in neve, che cade sulle montagne aumentando il volume di neve e ghiaccio e, di conseguenza, la quota del Monte Bianco".

Tuttavia va sottolineato che a quote inferiori ai 4.000 metri l'umidità cade sotto forma di acqua, la quale contribuisce allo scioglimento delle lingue glaciali a quote più basse. Ma la scoperta dell'aumento del ghiaccio sul Monte Bianco fa sperare che almeno i ghiacciai più alti possano non scomparire nei prossimi decenni. La maggior quantità di ghiaccio a quote elevate, infatti, potrà alimentare le lingue che diminuiscono ad altezze inferiori.

Cadregh e colera

Il 12 Marzo 2008 l'agenzia di stampa Reuters ci informava che il Governatore dello Stato di New York Eliot Spitzer, noto per la sua fama di ferreo moralizzatore, si è dimesso dopo essere stato intercettato mentre il 13 Febbraio fissava al telefono un appuntamento in un hotel di Washington con una prostituta da mille dollari l'ora (tal Kristen, che da Spitzer, identificato come cliente n° 9, avrebbe ricevuto in totale una somma di 4.300 dollari).
Spitzer, 48 anni, sposato e con tre figlie, era diventato Procuratore dello Stato di New York nel Novembre 2006, plebiscitariamente eletto con il 70% dei voti, ed era diventato famoso per una serie di indagini finanziarie su crimini commessi alla Borsa statunitense che gli avevano fruttato l'appellativo di Sceriffo di Wall Street.

Succedesse una cosa così a Formigoni lo si promuoverebbe per direttissima a Presidente della Repubblica.

Tutto sommato il caso Spitzer fa sorridere se paragonato a una situazione infinitamente più seria e grave. Bassolino e la Jervolino, tra i principali responsabili della decennale crisi dei rifiuti a Napoli e in Campania, di dimettersi non hanno invece nessuna intenzione.
Ma per fortuna la primavera astronomica sta per sopraggiungere, e quella climatica è già arrivata. Ci sono buone probabilità che il colera faccia il suo corso come già accaduto a inizio anni '70 del secolo scorso. D'altra parte la camorra si è rivelata più stupida di quanto fosse lecito supporre; ragionando in maniera malavitosa viene infatti da pensare che potrebbe avere una sua logica inquinare il territorio degli altri, non certo avvelenare il proprio.
Se poi il Vesuvio volesse darci una mano...

Tasse e tonno in scatola

Le tasse rappresentano un giusto prelievo sul nostro reddito che lo Stato opera per poi restituirci servizi e prestazioni. Questo meccanismo dovrebbe essere il più semplice e lineare possibile, dovrebbe cioè essere assolutamente chiara e trasparente la relazione che permette di capire dove va a finire ciò che ci viene tolto. Ovviamente in un Paese come questo è tutto estremamente complicato e della trasparenza cui faccio riferimento sopra non c'è traccia.

Nella vita esistono cose molto complicate come le leggi della Meccanica Quantistica, e cose molto semplici come il Teorema di Pitagora. Ma si tratta di cose invariabilmente complicate o intrinsecamente semplici. Quando invece la complicatezza è una variabile umana, o dipende da Paese a Paese, allora c'è qualcosa che non torna. Rendere difficile quel che è semplice ha sempre una finalità nefasta, che porta ad avvantaggiare qualcuno ai danni di qualcun altro.
Credo che questo sia l'unico Paese al mondo dove vige il Federalismo della Tassazione. Agli enti locali (regioni, province, comuni, ...) non è stata trasferita alcuna competenza esclusiva, ma è stata concessa la capacità di imporre nuove tasse. Non in sostituzione, ma in aggiunta a quelle statali.
Una forma istituzionale del genere andrebbe brevettata!

Tra quanto lo Stato mi toglie e quanto mi restituisce è difficile vedere oggi un collegamento, sembra tutto casuale, soprattutto sembra tutto ingiusto.
Mi viene in mente quello che provo ogni volta che apro una scatoletta di tonno; penso ai grossi tranci di tonno esposti al mercato del pesce, al bel colore rosso delle carni, al profumo caratteristico; e mi domando che relazione ci sia tra quelle cose e quel che poi salta fuori dalle scatolette di latta.

Friday, March 14, 2008

Quotes and Aphorisms (17)

Per aspera ad astra
[Seneca]

Those who cannot remember the past are condemned to repeat it
[George Santayana]

War does not determine who is right, only who is left
[Bertrand Russell]

Thursday, March 13, 2008

Considerazioni sul carcere

"Il senso di Smilla per la neve" è un libro che mi è piaciuto molto (la sua riduzione cinematografica meno). Pubblicato nel 1992 dallo scrittore danese Peter Høeg, è incentrato sulla figura della glaciologa groenlandese Smilla Jaspersen.
Dei molti passaggi interessanti del testo ce n'è uno che, in particolare, mi aveva colpito molto: Smilla parla dell'eventualità che un Groenlandese venga rinchiuso in carcere e di come questo rappresenti un dramma difficilmente immaginabile per il resto degli Europei: un abitante della Groenlandia, infatti, è talmente abituato agli spazi aperti che l'essere isolato nel chiuso di una cella lo condurrebbe alla pazzia.

Ieri i mezzi di informazione ci hanno fatto sapere che tal Salvatore Ferranti, per via dei suoi 210 chili, è stato scarcerato per obesità. Si noti che Ferranti non è un detenuto qualunque o un ladro di polli, è accusato di associazione mafiosa e di appartenenza a uno dei clan fedeli al boss Salvatore Lo Piccolo, esponente di spicco di Cosa Nostra. Un reato di questo tipo prevede sempre la custodia in carcere, a meno di gravissimi motivi di salute, ma Ferranti non ne aveva. Semplicemente in tutta Italia non esiterebbe una cella abbastanza ampia. Quando è stato trasferito nella casa circondariale di Pesaro la direzione si è vista costretta ad assegnare al detenuto un agente che si occupasse di lui giorno e notte, per ogni minimo spostamento e funzione fisiologica.

Io sono assolutamente contrario al carcere. Penso che una pena debba svolgere tre funzioni base: isolare il colpevole dalla parte sana della comunità, provvedere alla sua rieducazione e al successivo reinserimento nella società, risarcire economicamente la comunità.
Le carceri riescono a svolgere soltanto la prima di queste azioni, compromettono fortemente, spesso irreparabilmente, ogni tentativo di rieducazione del detenuto (il carcere è il luogo antieducativo per eccellenza) e rappresentano un costo molto elevato senza generare risorse.

Da decenni la tecnologia ci permette di avere a disposizione piccoli bracciali o collari o gambaletti elettronici che impedirebbero a chiunque di uscire da un perimetro virtuale prestabilito. Le carceri a cui penso io sono comunità isolate elettronicamente, ma non luoghi chiusi. Penso a dei villaggi, localizzati opportunamente sul territorio. Qui i detenuti non avrebbero celle ma piccoli appartamenti. Ci sarebbero psicologi, educatori, formatori del lavoro. Ci sarebbero soprattutto laboratori e officine dove imparare un lavoro, meglio se manuale, ad esempio legato all'artigianato. Il lavoro e un ambiente opportuno permettono il reale recupero della persona. In aggiunta generano reddito ed eliminano costi inutili. Se vogliamo recuperare chi sbaglia è questo il modo giusto. Mettere qualcuno in carcere è un alibi, una scusa per dimenticare criminali pericolosi in gabbia e ributtarli anni dopo nella società peggiori di prima, dopo che ci sono costati un salasso. E andrebbe sempre valutata la reale possibilità di recuperare un individuo; quando ciò non è possibile (penso alla maggior parte di mafiosi e terroristi) forse varrebbe la pena di non escludere il ricorso alla pena di morte.

Amputazioni

Immaginate un paziente sul lettino della sala operatoria con la gamba sinistra necrotizzata. Intorno a lui uno staff di chirurghi si consulta scrupolosamente e poi prende l'ardua decisione: l'amputazione della gamba destra, quella sana.

Follia? Non proprio. Pensateci bene: il paziente è l'Alitalia, la gamba necrotizzata gli aeroporti di Roma, in particolare Fiumicino, e la gamba sana è Malpensa. È così che stanno le cose.

L'unico modo per uscirne è creare una compagnia tutta nostra. Suggerisco di chiamarla Padanian Air o PadanAir o Padanian AirLines o Padanian Wings o ancora Wings of Padania. La cosa da non fare è mettere in piedi la classica cordata di banche e imprenditori, io non mi fido delle banche e dei grandi imprenditori, quelli che stanno sul mercato quotandosi in Borsa, non per investire, ma per sottrarre denaro ai piccoli risparmiatori, cioè noi. Gli imprenditori coi soldi degli altri sono tutti intrallazzati tra loro e sono invischiati con il potere romano.

Qui siamo sempre stati governati da stranieri, ci siamo abituati. Ci è quasi sempre andata bene, a volte benissimo, tranne l'ultimo giro. È stato l'ultimo giro, quello italiano, a farci precipitare disastrosamente nel baratro. Prendiamo invece una compagnia aerea straniera, anche giovane, la mettiamo a Malpensa e le chiediamo semplicemente di volare da Malpensa con il nome che vogliamo noi. Semplice. Sono sicuro ci sarebbe la fila di compagnie straniere per una cosa così.

Wednesday, March 12, 2008

Inquietante tepore baltico

(apparso in origine su www.lastampa.it il 10/03/2008 con il titolo "Si sciolgono i ghiacci nel Baltico. Strage di cuccioli di foca")

È strage di cuccioli di foca nel Mar Baltico a causa dello scioglimento massiccio dei ghiacci. "La situazione è drammatica", è l'allarme del WWF (World Wildlife Found). "In alcune regioni non sopravviverà sicuramente neanche un piccolo dei cuccioli nati nelle ultime settimane", ha detto Cathrin Munster, portavoce dell'ufficio dell'organizzazione ambientalista sulla costa baltica tedesca. "La morte delle foche è un sinistro annuncio del cambio climatico, che riguarderà in modo particolarmente duro il mar Baltico", dove quest'anno è stato registrato l'inverno più caldo e meno gelato degli ultimi 300 anni. Secondo il WWF, rimangono tra i 7.000 e i 10.000 esemplari di foche dagli anelli (la Phoca Hispida), specie protetta e in pericolo di estinzione. La piccola Phoca Hispida, che tra Febbraio e Marzo partorisce tra i ghiacci perenni del Mare Artico, nutre per due mesi il suo piccolo con un latte ricco di grassi. "Poiché il disgelo si produce in modo troppo rapido, i cuccioli sono costretti a entrare in acqua prematuramente, quando non hanno ancora maturato lo strato di grasso sufficiente che lo protegge. E muoiono di fame e di freddo". La moria di foche dagli anelli avviene soprattutto sulla costa sud-occidentale della Finlandia, nel Golfo della Finlandia e nel Golfo di Riga, dove quest'anno non c'è stato un sufficiente congelamento delle acque. Gli esperti del WWF hanno anche registrato un'insufficiente cappa di gelo nel nord del Baltico, nel golfo che separa la Svezia dalla Finlandia.

I morti della mutua

di Beppe Grillo
(apparso in origine su www.beppegrillo.it il 28/10/2006)

Tra i poteri occulti dello Stato ci sono gli ospedali. Operano con discrezione e senza sosta per migliorare le casse dell'INPS. Praticano l'eutanasia da inefficienza. Un approccio tutto italiano, non perseguibile dalla legge, ma che produce grandi risultati, soprattutto per i pazienti anziani. Dicono che muoiano 90 pazienti al giorno per errori medici negli ospedali. Io non ci credo. Non ci voglio credere. È un numero ridicolo. Devono essere molti di più. Nessuno però sa quanti sono veramente. Non c'è una statistica ufficiale. Meglio non sapere. L'anno scorso l'Istituto Superiore di Sanità ha provato a misurare la mortalità da by-pass nei centri di cardiochirurgia. Il solo risultato è stata una rissa all'italiana. Una serie di querele. Un dato certo però esiste. Ed è che su due pazienti che muoiono nel mondo a causa di un errore medico, uno si potrebbe salvare. Prendendo per buono il numero di 90 morti al giorno per 365 giorni. Totale annuo 32.850. Salvabili16.425. L'equivalente di una trentina di gommoni a Lampedusa. Donald Berwick con il suo Institute for Health Care Improvement, un ente no-profit, lo ha dimostrato con l'iniziativa 100.000 lives. Nei tremila ospedali americani che hanno aderito la mortalità è crollata. 120 mila decessi in meno rispetto al precedente periodo di 18 mesi. Basta poco per salvare una vita. Non si è contato quasi nessun caso di polmonite da respiratore meccanico grazie a semplici accorgimenti come il tenere il paziente con la testa del letto sollevata. Gi operatori si sono impegnati a lavarsi le mani prima di toccare i cateteri. È stata prescritta un'aspirinetta prima di dimettere gli infartuati [...].

Adotta un pinguino

di Beppe Grillo
(apparso in origine su www.beppegrillo.it il 26/10/2006)

L'Italia ha bisogno di soldi. E io voglio sempre aiutarla [...]. Le applicazioni software della Pubblica Amministrazione non costeranno più niente. Non costano già più niente. Basta passare al software Open Source, software libero che non costa un euro. Nei ministeri, nelle regioni, nelle scuole, negli ospedali pubblici, nei tribunali, ecc. Quanto spende lo Stato per comprare, aggiornare le applicazioni Microsoft? Da domani potrà costare zero euro. L'Europa si sta muovendo, come la Norvegia. Chavez è già partito [...]. L'Open Source si può adottare subito, perchè aspettare? [...].
Belin, mi sto facendo un c..o così a studiare l'informatica per fare un po' di risparmio. E i nostri dipendenti sono rimasti al pallottoliere. Questo è il vero problema. La loro forza dell'ignoranza unita alla nostra rassegnazione [...].

Il buco nero degli Italiani

di Beppe Grillo e Stefano Benni
(apparso in origine su www.beppegrillo.it il 16/10/2006)

Dicesi priorità: "il venire prima rispetto ad altro, il diritto di precedere per urgenza, importanza, valori e simili", Dizionario Garzanti 2006. L'Italia è stata fondata sulle priorità. Sono le sue stesse fondamenta. Senza le priorità del Mezzogiorno, del Lavoro, dei Giovani, della Mafia e, ultimamente, dei Clandestini e degli Scarcerati, questo Paese non durerebbe due giorni. Del resto un Paese senza fondamenta non può durare. Perciò ci sono in Italia delle priorità che aspettano prioritariamente da un secolo. Sono priorità ultimarie. Su tutte brilla la SRC, Salerno - Reggio Calabria. Da tempo nell'Italia dell'Alta Velocità e del Grande Ingorgo, quando c'è dariparare un'autostrada o migliorare una tangenziale ingorgata, viene fuori la priorità della Salerno - Reggio Calabria. Lo diceva già Andreotti quando era vice-faraone. Lo hanno ripetuto ministri democristiani, socialisti, ulivisti e perfino Emmenthal Lunardi. Anche lui ammise "La Salerno - Reggio Calabria è una priorità, specialmente se qualcuno ha fretta di andare a Milano". Poi Emmenthal ha fatto costruire decine di tunnel agli amici, mentre la Salerno - Reggio Calabria è rimasta un nastro bombardato, pieno di cantieri fantasma e lavori abbandonati, e soprattutto con decine di chilometri a una sola corsia, tanto che per i suoi ingorghi è stata ribattezzata SRC, Strada Rottura di Coglioni. La SRC è lunga 443 chilometri, ma la media di percorrenza è di otto ore. Doveva essere pronta nel 2008, ma col ritmo finora tenuto, si è calcolato che potrebbe essere inaugurata nel 2036 dal nuovo ministro dei trasporti Lapuccio Elkann junior. Ora la SRC è stata indicata come priorità rispetto al Ponte di Messina, ovvero il delirio megalomane nato nel parrucchino di Berlusconi, il giorno che Dell'Utri gli ha regalato un Golden Gate fatto col Lego. Il ponte sullo stretto sarebbe costosissimo, e il più grande ingegnere giapponese ha detto: "sì, potrebbe reggere, se togliete da sotto il mare" [...].

Tuesday, March 11, 2008

Il museo delle cornici senza quadri

Lo scorso weekend mi è capitato di accendere la TV quasi per caso e di assistere per una ventina di minuti al discorso elettorale tenuto da Berlusconi al Palalido di Milano. Era Berlusconi, ma avrebbe potuto essere Veltroni o qualunque altro candidato.
Berlusconi ha detto un sacco di cose, alcune condivisibili, altre meno; ma il punto che mi interessa sottolineare non è questo; Berlusconi ha spiegato cosa intende fare se sarà eletto nuovamente Presidente del Consiglio, ha cioè esposto il programma, quello che fanno tutti i candidati. Indipendentemente dal fatto di credere o meno in quel programma (e in quel che dice il suo leader), un cittadino ha avuto la possibilità di conoscerne i contenuti, di farsi un'idea e dunque di dare un giudizio che potrà poi avere conseguenze al momento di esprimere il voto nel giorno delle elezioni.

Poi ho spento la TV e ho continuato a fare le mie cose. L'ho riaccesa un po' più tardi per vedere l'edizione principale dei vari telegiornali. Ma se si esclude un breve cenno alla proposta di riduzione dell'ICI sulla prima casa e a una generica intenzione di abbassamento della pressione fiscale, praticamente in nessuno dei sette notiziari nazionali c'era la minima traccia dei punti toccati da Berlusconi nell'esposizione del programma.
Questione di tempi ristrettissimi dei servizi televisivi, potrà pensare qualcuno. Peccato che si è invece trovato tempo per mostrare il gesto dello strappo dei fogli di carta e altre battute da campagna elettorale.

Mi sono subito venuti in mente i comizi di Miglio e Bossi, tanti anni fa in Piazza Duomo a Milano; si parlava di federalismo, autonomia, indipendenza, secessione, autodeterminazione, trattati internazionali, ecc.; erano comizi interessantissimi. Tornavi a casa pieno di entusiasmo, quasi con le ali ai piedi, ma poi guardavi il telegiornale della sera e di tutti quei discorsi non ci trovavi nulla; solo qualche ripresa di qualche militante abbigliato in modo un po' folkloristico, qualche passaggio un po' forte (ma di scarsissimo interesse rispetto al comizio vero e proprio), qualche frase ad effetto o qualche parolaccia. E questo accadeva su ogni TG.

Oggi non è cambiato nulla. I servizi dei telegiornali sono tutti uguali, fanno tutti la stessa sintesi, quella che fa comodo a loro e ai loro editori. Anche da un punto di vista probabilistico è quasi impossibile che sette persone diverse che assistono allo stesso evento possano riportare gli stessi passaggi, gli stessi discorsi.

In TV si parla di politica in continuazione ma si omettono sempre i fatti; interessano solo i battibecchi, i litigi, cosa ha detto Gino di Pino, Pino di Lino, Lino di Mino e Mino di Gino, fino a chiudere il cerchio; è un litigio perenne, inutile, dannoso, che non informa, anzi, al contrario volutamente disinforma. Come direbbe ancora Bossi: tutto ciò non avviene per caso ma è fatto scientificamente.

La TV italiana è un museo di cornici a cui mancano i quadri. Meglio spegnere e passare alla Rete; è molto meno comodo farsi le ricerche da soli, saltare da un sito all'altro, incontrare opinioni diverse e contrastanti, ma è l'unico modo che abbiamo per essere realmente informati.

La primitiva guerra dei manifesti

Alcuni anni fa mi trovavo in Estonia, ci ero già stato almeno una dozzina di altre volte, ma quella era la prima permanenza poco prima di un periodo di elezioni. Ed è stata un'opportunità illuminante per osservare come le campagne elettorali vengono gestite in quel piccolo grande Paese; Paese che la maggioranza degli Italiani non riesce nemmeno a collocare geograficamente e di cui ignora la capitale (figuriamoci le vicende storiche recenti).
Nessun manifesto per le strade, ma grandi tabelloni elettronici dislocati nelle arterie a maggior scorrimento automobilistico, con le effigi e gli slogan dei vari candidati. Una pulizia e una compostezza estrema.

In questo periodo in Italia è di nuovo periodo elettorale. Lo so, vi viene già da ridere, vero?
Prepariamoci alle ordinarie scene di decine di migliaia di manifesti affissi ovunque fino a ricoprire ogni millimetro quadrato degli enormi e ingiustificati spazi messi a disposizione di partiti e candidati (ma che poi inspiegabilmente finisco per estendersi illegalmente a muri, monumenti, ecc.).
E prepariamoci alla grande battaglia di chi farà a gara per incollare il proprio manifesto sopra quello degli avversari, con un crescendo che negli ultimi giorni utili sfiora il parossismo (e la comicità).

Piccole differenze che nel frattempo hanno scavato un abisso.

Labas rytas mano Lietuva!

Buongiorno mia Lituania!

Oggi è l'11 Marzo. Oggi si festeggia il giorno della seconda indipendenza della Lituania, in memoria di quello storico 11 Marzo 1990 in cui il piccolo stato baltico, primo delle tre repubbliche a farlo, si è autoproclamato indipendente (tecnicamente il Parlamento ha proclamato l'Atto di Restaurazione dell'Indipendenza dello Stato Lituano; la prima indipendenza risale invece al 1918 e si festeggia il 16 Febbraio).
Come risposta il governo sovietico, l'8 Gennaio 1991 ha inviato truppe armate. Il 12 Gennaio sono comparsi i carri armati per le strade di Vilnius e nella stessa notte la gente della capitale si è incamminata spontaneamente verso la Casa della Stampa, la Torre della Televisione e il Parlamento. Il giorno dopo (13 Gennaio 1991), durante l'attacco dell'Armata Rossa all'edificio della radiotelevisione lituana, sono state uccise quattordici persone e più di 700 sono rimaste gravemente ferite.
Il primo Paese che ha riconosciuto l'indipendenza lituana è stata l'Islanda (11 Febbraio 1991), poi la Danimarca (2 Marzo 1991) e a poco a poco tutti gli altri Paesi. L'indipendenza della Lituania è stata riconosciuta dall'Unione Sovietica solo nell'estate del 1991 (a seguito del fallito colpo di stato del 19 Agosto '91 ai danni di Gorbaciov).

Ho ancora vive nella mente le immagini del piccolo museo fotografico ai piedi della Torre della Televisione. Tra gli scatti che commemorano la Battaglia del 13 Gennaio ce n'è uno che ha fatto il giro del mondo ma che molti hanno probabilmente dimenticato: una piccola folla di inermi cittadini infreddoliti che con la forza delle braccia tentano di spostare un enorme carro armato sotto il quale giace un loro connazionale con le gambe spezzate e sanguinanti.
La Torre (www.lrtc.net) offre una vista bellissima sulla città e ospita un suggestivo ristorante rotante che compie un giro completo ogni ora. Ma se ci andate, prima di salire, non dimenticate il piccolo museo, le immagini sono molto forti, ma è quella la realtà dei fatti. Ed è bene non dimenticare mai.

Monday, March 10, 2008

UE, t'amo ma non ti conosco

di Marco Zatterin
(apparso in origine su www.lastampa.it il 06/03/2008)

Un sondaggio diffuso ieri rivela che il 60% degli Italiani non ha letto notizie sul Parlamento Europeo in tempi recenti. E che il 73% ritiene di non essere informato abbastanza sulle attività degli eurodeputati. Pare che ci sia voglia di Europa. Sono buone notizie, ma finiscono qui.
La verità è che troppa gente risponde a casaccio quando si tratta di parlare dell'UE e delle sue istituzioni, le invocano senza sapere bene di cosa si tratta. Alle due professioni di fede di cui sopra, segue infatti una serie di spari nel buio. Afferma il sondaggio che il 91% degli Italiani ignora che nel 2009 si voterà per il rinnovo dell'Europarlamento; il 52% crede che i deputati siano raggruppati per nazionalità e il 22% non sa rispondere (pausa di riflessione sul ruolo del Partito Popolare Europeo, del PSE ecc.); il 40% è convinto che Strasburgo sia l'istituzione più potente dell'UE (e noi sappiamo che non è vero); in generale la gente ritiene che la Commissione sia più pesante nelle scelte europee del Consiglio di cui sopra (falso, ovviamente); la percezione media è che gli eurodeputati siano 122 (sono 78, peccato veniale).
Nonostante tutto questo, un Italiano su due, posto che per sua ammissione non legge nulla del Parlamento da mesi, ha una percezione positiva dell'istituzione europarlamentare. Anzi, il 51% la ritiene dinamica, il 64% democratica, solo il 25% la pensa inefficiente.
Il mondo è capovolto. In genere la passione, la stima e il rispetto nascono dalla conoscenza. Qui avviene il contrario. Molti sanno poco, ma l'idea piace. Ce ne sarebbe per costruire qualcosa di virtuoso a livello europeo, una linea di credito aperta fra i cittadini e Bruxelles. Tuttavia il timore è che, una volta scoperto come funzionano le cose, l'indice di gradimento possa calare. Sopratutto in questa stagione intermedia, con troppe elezioni e troppe poltrone in scadenza.
Per l'Europa s'inizia l'anno bianco del tutto congelato. Così gli europeisti veri saranno paradossalmente tentati dal credere che sia più opportuno, in nome della causa comune di integrazione, che il pubblico non sia completamente reso consapevole di quanto accadrà, o non accadrà, di qui alle elezioni europee di metà 2009. Tentazione ingiustificabile, ma comprensibile.

Quotes and Aphorisms (16)

Kind words can be short and easy to speak, but their echoes are truly endless
[Mother Theresa]

Wine is bottled poetry
[Robert Louis Stevenson]

He who can, does. He who cannot, teaches
[George Bernard Shaw]

Sunday, March 09, 2008

Una scomoda verità

Ho finalmente visto il film.

"Una scomoda verità" ("An Unconvenient Truth", 2006, regia di Davis Guggenheim) è il film-documentario di Al Gore che tutti dovrebbero vedere, e che soprattutto dovrebbe essere proiettato in ogni scuola.

Non ho molto da dire in proposito, ogni parola rischierebbe di suonare retorica. Ne hanno parlato praticamente tutti e in Rete si può trovare ogni tipo di informazione. Ma il mio consiglio è di lasciar perdere i dettagli: passate invece in videoteca e noleggiatelo, oppure compratelo. Soprattutto diffondetelo.
Un invito anche a visionare il sito www.climatecrisis.net.

Riporto le parole conclusive:

"Ci sarà un momento in cui le generazioni future si chiederanno: a cosa pensavano i nostri genitori? Perché non si sono svegliati quando ne avevano la possibiltà? Prepariamoci sin d'ora a rispondere a questa domanda".

Era il 2006; oggi è il 9 Marzo 2008, e tutti i principali telegiornali nazionali ci hanno dato una notizia fondamentale: il 50° compleanno di Sharon Stone.

Dip Parpol

Ho notato che in una recente pubblicità la casa automobilistica ceca Škoda ha rinunciato a scrivere Škoda in favore di Skoda. Evidentemente devono aver capito che per gli Italiani non c'è alcuna speranza di comprendere la differenza tra una š e una s, né di pronunciare la prima in modo corretto. Un po' come se per loro non ci fosse differenza tra scemenza e semenza, tra scettico e settico o tra scisma e sisma.

Dal punto di vista del rispetto per la pronuncia dei termini stranieri quello italiano è probabilmente uno tra i popoli più ignoranti, sicuramente lo è in ambito europeo, e non sembra mostrare cenni di miglioramento apprezzabili.

Il livello di Inglese parlato da un Italiano preso a caso, anche riferendoci a chi occupa posizioni dirigenziali in contesti multinazionali, è imbarazzante. Basta incontrare un coetaneo Spagnolo, Portoghese o Greco, popoli che gli Italiani, con ridicola miopia e fastidiosa supponenza, si ostinano a considerare più arretrati di loro, per capire chi è davvero retrogrado.
Per le altre lingue è anche peggio (mi viene in mente al volo l'inspiegabile troncatura della e finale nella parola Deutsche Bank che ci sentiamo ripetere al telegiornale quasi ogni giorno).

Istituzioni scolastiche tragicamente figlie del '68 e una pletora di giornalisti e telegiornalisti solo di nome e non di fatto (aventi, ovviamente, la stessa madre culturale) sono tra i responsabili primari di questa situazione. Basterebbe sentir pronunciare un termine in maniera corretta a scuola o in TV per risolvere tutto nel giro di qualche anno (l'investimento è infatti da intendersi per le nuove generazioni, per quelle attuali non c'è più tempo). Ma i cattivi formatori generano cattivi cittadini così come i cattivi maestri generano cattivi alunni. E allora è difficile spezzare questo circolo vizioso. L'unica speranza è quella di avere presto una quota di giornalisti e insegnanti di origine straniera in sostituzione di quelli nazionali.

Come molti, quando si è giovani, ho cominciato a nutrire una forte passione per la musica rock. E allora via con una pronuncia più bizzarra dell'altra: ai tempi del liceo c'erano i Deep Purple che diventavano i Dip Parpol, i Van Halen che diventavano i Van Allen, e tanti altri (tipo i REM pronunciati rem anziché ar i em, o gli U2 pronunciati all'Italiana).
Se penso al mondo del calcio mi viene subito in mente Van Basten (pronunciato Van anziché Fan). Se penso alla Formula 1 c'era fino a pochi anni fa Häkkinen che diventava Hakkinen, e oggi abbiamo Räikkönen che diventa Raikkonen, tra l'altro pronunciato con l'accento sulla o anziché sulla a. Lo sci offre poi un'altra lunga lista di nomi più o meno storpiati. Ma va detto che nel mondo dello sci esistono, rara eccezione, alcuni ottimi commentatori che pronunciano i nomi in modo perfetto. Forse perché la cultura alpina è più attenta a certe forme di rispetto.

Qualcuno potrà dire che, ad esempio, in fondo non c'è molta differenza tra un Räikkönen e un Raikkonen; che differenza ci sarà mai tra una ä e una a, e cosa vuoi che sia un accento messo prima o dopo? Questo è esattamente il tipico atteggiamento da Italiano medio (maggioranza amplissima), ovvero il minimizzare sempre ciò che non si capisce, con atteggiamento di supponenza e superficialità, ovvero proprio ciò che impedisce all'Italiano medio di elevarsi a livelli di sufficienza e decenza. Per un Finlandese sentir dire Raikkonen al posto di Räikkönen è un po' come per un Italiano di nome Franco sentirsi chiamare Francà (con l'accento sulla a!). Ma pensiamo più semplicemente al Meneghino: co (pronunciato cu, testa) è ben diverso da cu (che si pronuncia e significa culo).

Va sottolineato che, se da un lato l'atteggiamento di superficialità dell'Italiano standard è da condannarre senza appello, dall'altro, si creano situazioni in cui gli errori di pronuncia non sono voluti, ma come detto all'inizio, sono il frutto di non conoscenza o di inconsapevole imitazione. Lo spunto per questo post, infatti, mi è venuto un paio di mesi fa; per qualche motivo ho cominciato a parlare dello Stato del Minnesota e la mia ragazza (lituana), con mia enorme sorpresa, è scoppiata a ridere: avevo pronunciato quel nome con la s di rosa anziché con la s di squalo; d'altra parte era così che lo avevo sempre sentito dire; ma queste sono cose che capitano, si sbaglia e da lì si impara.

I nomi sono importanti, il loro rispetto ancora di più; la Storia insegna che uno dei modi per assoggettare e piegare un Popolo è sempre stato quello di cambiargli il nome. Senza un nome l'identità di quel Popolo cesserà di esistere e verrà assorbita. Non c'è bisogno di andare geograficamente troppo lontano: pensiamo all'invenzione dei vocaboli Alto Adige e Altoatesino cuciti addosso ai fratelli Sudtirolesi.

Saturday, March 08, 2008

Il Iibro dell'Ignoranza

Mi ci sono imbattuto per caso lo scorso weekend, mentre cercavo tutt'altro (una mini-guida del Touring Club su Siena e provincia, per fare un regalo). Ma mi ha conquistato.
"Il Libro dell'Ignoranza" di John Lloyd e John Mitchinson (2007, Einaudi, traduzione di Alessandra Montrucchio dall'originale del 2006 "The Book of General Ignorance", QI Ltd.) è un libro che, una volta cominciato, si fatica a lasciare sul comodino non ancora finito.

La filosofia dietro il testo è quella della curiosità, la profonda, instancabile curiosità umana.
John Lloyd è il produttore di un noto programma televisivo in onda sulla BBC, una specie di ibrido tra il quiz e la commedia brillante; John Mitchinson è a capo del gruppo di ricerca del QI Bookshop, un caffè letterario di Oxford. Lloyd e Mitchinson sono due delle menti dietro al progetto QI (www.qi.com), che sta per Quite Interesting ovvero Quantomai Interessante.

Riporto, quasi per intero, il loro manifesto filosofico:

"They say the primal drives are food, sex and shelter.
QI says there is a fourth: Curiosity.
We are hard-wired for curiosity: it is innate, a fierce need, and, unlike the other three drives, it is what makes us uniquely human. But pure curiosity, completely standard in children under seven and found in great artists, scientists and explorers, is, for some reason, quickly suppressed, sublimated or shrunken in most people [...].
Our first three drives get plenty of fuel. Celebrity chefs are front page news. Eighty per cent of internet traffic is to do with sex [...].
The world brims and bulges with interesting information, but these days it rarely reaches us. A preference for the quick fix on the part of both consumer and corporation offers increasingly materialist, visceral satisfaction. We want it easy and cheap and we want it now. Fashion, celebrity, pornography, lottery. The culture is withered and lame, flashy and shallow. They're just not interesting.
People are living in a daze: swamped with information, starved of stimulation. They're overworked, anxious, bored and confused. They don't know what to do with their evenings. It takes all day to read a single Sunday paper, but no-one's any the wiser afterwards.
The human brain is the most complex object in the known Universe, with as many neurons as there are trees in the Amazon rain-forest. The number of possible connections in a single human brain is said to exceed the number of particles in the universe. But what are we doing with this extraordinary organ between our ears? [...] Doing the lottery in the pathetic hope that things would be all right if we were on a yacht.
People say the brain is like a computer, but it is not. It is nothing like a computer. There is no computer in the world today that knows or understands as much as any five year old child. Smarter than computers though we may be, what do we know, really, any of us? Sure we can build aeroplanes and toasters (well, you and I can't, but we know a man who can). Some people can remember all the state capitals in the US or the name of Napoleon's horse. But as to the knottier questions...
What is life? No one knows. What, if anything, happens after death? Nope, got me there. What is consciousness? Er... Music? Light? Viruses? Laughter? Electricity? No one has the faintest idea what any of these things actually are. We do not know how the universe began, how large it is, how fast it is expanding (or even if it is) or if there is more than one of them.
Orthodox modern physics asserts that there are many universes, though exactly how many is anyone's guess, because there is, unfortunately, no quantum physicist in the world who understands quantum physics. Well, why should they? I've never met a single person who understands the workings of their own mind or how to bring up their own children properly [...].
We live, they say, in The Information Age, yet almost none of the information we think we possess is true. Eskimos do not rub noses. The rickshaw was invented by an American. Joan of Arc was not French. Lenin was not Russian. The world is not solid, it is made of empty space and energy, and neither haggis, whisky, porridge, clan tartans nor kilts are Scottish.
So we stand, silent, on a peak in Darien: a vast, rolling, teeming, untrodden territory before us. QI country.
Whatever is interesting we are interested in. Whatever is not interesting, we are even more interested in. Everything is interesting if looked at in the right way. At one extreme, QI is serious, intensely scientific, deeply mystical; at the other it is hilarious, silly and frothy enough to please the most indolent couch-potato.
The steam engine was invented in ancient Greece. The Earth has at least seven moons, not one. George Washington's teeth previously belonged to a hippopotamus. The information goes on and on, deeper and wider, stranger and stranger.
And this is the point of QI: it is worthwhile. It is autotelic, worth doing for its own sake. And it echoes the venerable mission statement of Lord Reith's BBC: to educate, inform and entertain[...]".

Quanto citato quasi in chiusura, ovvero il duplice aspetto di serietà e gioco del progetto, è esattamente ciò che si respira leggendo il libro, anzi è forse l'ingrediente che lo rende così piacevole e interessante.

"Il Libro dell'Ignoranza" è un godibile cocktail di informazione dettagliata e acuta ironia, da assaporare con gusto lento e che, come effetto collaterale, ha, da un lato, quello di sfatare i principali miti e le false credenze entrate nell'immaginario collettivo, dall'altro, quello di appagare la nostra sete di conoscenza e soprattutto di stimolare la nostra mente interrogandola su altre questioni.

Il libro è strutturato come una lista di 195 domande/sezioni che contengono una lunga serie di questioni mai o mal poste, o semplicemente date per scontate. La classica situazione in cui tutti credono di conoscere la risposta ma che invece nasconde un tranello della conoscenza. A ogni domanda non segue solo una risposta ma anche una pioggia rinfrescante di piccole interessantissime chicce e curiosità, con aneddoti e massime dei grandi pensatori della storia.
A proposito, tutte le recensioni che ho letto in Rete parlano di 224 domande; i soliti giornalisti distratti e superficili; d'altra parte i giornalisti in questo testo sono giustamente citati come fonte primaria di disinformazione.

Ecco quattro esempi che rendono l'idea meglio di ogni altra parola introduttiva:

La domanda 7 recita: "Qual è la cosa più grande che una balenottera azzurra possa inghiottire?" Vengono proposte quattro alternative, poi viene fornita la risposta corretta. Ma a un certo punto comincia una digressione e, parlando di krill, si dice: "La parola krill è norvegese. Deriva dal termine olandese kriel, che significa avannotto ma che ora viene usato per indicare sia i pigmei, sia le galline nane. I bastoncini di krill sono stati lanciati sul mercato con un certo successo in Cile, ma la carne macinata di krill ha rappresentato pressoché un disastro in Russia, Polonia e Sudafrica a causa dei livelli pericolosamente alti di floruro. Sono i gusci di krill a contenere floruro, ma erano troppo piccoli per toglierli prima di tritare tutto".

Domanda 12: "Le marmotte uccidono l'uomo?" Ecco la risposta: "Sì. A colpi di tosse. Le marmotte sono benigni panciuti membri della famiglia dei roditori. Sono grandi più o meno quanto un gatto e squittiscono forte quando hanno paura. Intenerisce meno il fatto che la varietà bobac, che vive nelle steppe della Mongolia, sia particolarmente soggetta a un'infezione polmonare causata dal batterio Yersinia pestis, comunemente noto come peste bubbonica. La diffondono tossendo addosso a chi si trova nelle vicinanze, infettando pulci, topi e infine l'uomo. Tutte le grandi epidemie di peste che dall'Asia orientale dilagarono in Europa arrivarono dalle marmotte della Mongolia. Si stima sia morto più di un miliardo di persone: questo rende le marmotte seconde solo alle zanzare della malaria come killer dell'uomo". E poi ancora, parlando di bubboni: "l'origine è il greco boubon, inguine, da cui bubbonico". E il capitolo prosegue con altre curiosità relative a quali parti della marmotta vengano e non vengano mangiate in alcune culture; e al Groundhog Day celebrato il 2 Febbraio negli Stati Uniti.

Domanda 14: "Che cosa fanno i camaleonti?" Ecco l'inizio di questo capitoletto: "Non cambiano colore per mimetizzarsi con lo sfondo. Non l'hanno mai fatto; non lo faranno mai. Un'invenzione dalla A alla Z. Una mistificazione bella e buona. Una bugia totale". Segue naturalmente una dettagliata spiegazione di cosa succede realmente ai camaleonti.

Domanda 15: "Come si nascondono gli orsi bianchi?" A margine si dice quanto segue: "I nomi scientifici possono essere un po' fuorvianti. Ursus arctos non è l'orso bianco ma quello bruno. Ursus naturalmente significa orso in Latino, mentre arctos ha lo stesso significato in Greco. È l'Artico a prendere il nome dall'orso, non viceversa; era la regione dell'orso, dove vivevano gli orsi, indicata dal grande orso del cielo, la costellazione dell'Orsa Maggiore. L'orso polare è l'Ursus maritimus, l'orso del mare".

Se questo è solo l'inizio figuratevi come è il resto. In un precedente post scrivevo che se guadagnassi quanto percepiva Cimoli quando era AD di Alitalia mi sarei ritirato dopo sei mesi a coltivare banane in Islanda. Non era una frase a caso: leggendo questo libro ho scoperto che l'Islanda è il maggior produttore europeo di banane.

Calcio e stile

Mi occupo poco di calcio, anzi, praticamente nulla. A parlarne con amici e colleghi, quelle rare volte in cui capita, mi ci sento perfino a disagio. E poi del calcio ho una visione tutta mia, poco legata allo sport e molto più connessa alla geo-politica.

Da piccolo ero milanista, non ricordo il perché, escludo per i classici motivi cromatici delle maglie, il blu è sempre stato ed è tuttora il mio colore preferito (probabilmente sono l'unico al mondo ad avere una spilletta con il Sole delle Alpi blu anziché verde), è ragionevole pensare che abbia subìto l'influenza di qualche compagno ai tempi delle elementari.
Sono diventato interista in occasione della prima retrocessione del Milan, quella dovuta allo scandalo delle cosiddette calcio-scommesse del 1980 (e riferite alla stagione calcisitica 1979-1980). Ricordo che la vicenda mi aveva molto disgustato, d'altra parte avevo solo 9/10 anni.

Da interista ho continuato a seguire il calcio molto poco, ma almeno da allora ho cominciato ad avere una squadra con dei colori che mi piacevano.
Crescendo ho invece notato che tendevo a riconoscermi maggiormente nel tipo di persona interista piuttosto che milanista. Ho sempre pensato che tra i tifosi interisti famosi e non, ci fossero persone con una maggiore vena artistica e una maggiore imprevedibilità, i tifosi milanisti famosi e non, mi sono invece sempre sembrati più pacati, più stabili, più costanti, più diplomatici e più prevedibili (caratteristiche proprie anche delle varie dirigenze succedutesi nel tempo, che infatti hanno portato il Milan a collezionare più successi e trofei, sia in ambito nazionale che internazionale). Ottime caratteristiche naturalmente, ma personalmente mi riconosco di più nelle prime.

Oggi è la Festa della Donna, domani sarà il Centenario dell'Inter.

Ieri i giornali hanno trovato il modo di montare una piccola polemica, poi velocemente rientrata. Massimo Moratti ha dichiarato che "l'Inter è considerata da sempre nel mondo la squadra di prestigio di Milano. Non solo per quanto ha vinto, ma perché non ha mai avuto problemi con la giustizia". Ha poi aggiunto "con me ho avuto persone che hanno seguito questo comportamento con naturalezza senza mai tentare di scavalcare o fare i furbi o conquistarsi gli arbitri, pensando di aiutare la società facendo qualcosa che si sarebbe rilevato terribile. La vergogna di doversi difendere di fronte a situazioni deprecabili è una cosa antipatica nella storia di una società", esprimendo poi l'augurio che "nei prossimi 100 anni all'Inter non succeda mai, come mai è successo finora. E come d'altronde a noi finora non è mai capitato di andare in serie B. La storia nerazzurra è un fatto certo, non si cambia. Sul futuro, si vedrà".
Parole pronunciate a Milano incontrando al teatro Smeraldo gli Inter Club di tutta Italia.
La replica del club rossonero, sentitosi tirato in ballo, è stata immediata. Attraverso un comunicato, Galliani, in totale sintonia con Berlusconi, ha definito non eleganti le frasi di Moratti accusando l'Inter di avere una memoria cortissima. In serata Moratti ha fatto una precisazione (a mio parere inutile) e infine tra Galliani e lo stesso Moratti c'è stato un breve colloquio chiarificatore. Fine delle polemiche.

Personalemente penso che abbia ragione Galliani: le frasi di Moratti sono state ineleganti. A sostegno di Moratti va rilevato il contesto in cui sono state pronunciate. Se andate a vedere Borghezio in comizio potrà capitarvi di sentire alcune frasi un po' forti e non sempre veritiere. Per contro i suoi interventi al Parlamento Europeo sono sempre chiari, asciutti e molto centrati.
D'altra parte Moratti ha sempre avuto un gran fair-play.
Di gran classe invece quanto aveva dichiarato Berlusconi: "ora che il Milan è fuori dalla Champions' League tiferò Inter".

La dichiarazione di Berlusconi corrisponde in pieno al mio pensiero. L'Inter è la mia squadra, Milano è la mia città, e il Milan è l'altra grande squadra di Milano, fondata prima e con maggiori vittorie. Ovvio che, dopo l'Inter, il mio pensiero va al Milan. Per me non hanno senso sentimenti di ostilità tra le due tifoserie, conta il prestigio di Milano. Conta l'amore per la propria città, per il proprio territorio, per per la propria nazione. In Milan-Atalanta tiferò Milan, in Atalanta-Fiorentina tiferò Atalanta, in Fiorentina-Roma tiferò Fiorentina e in Roma-Barcellona tiferò Barcellona.

Questa diversità di visioni è sempre stata una delle grandi divergenze tra me e l'amico Steve (al momento temporaneamente non più amico).

Friday, March 07, 2008

Pornografia della morte

di Beppe Grillo
(apparso in origine su www.beppegrillo.it il 02/10/2006)

Pensando alla morte viene la nostalgia. Bei tempi quando andavi all’'altro mondo per i ca..i tuoi. L'unica cosa certa dell'unica cosa certa nella vita era che sarebbe accaduto alla sua ora. Ma tutto si è evoluto, oltre al cellularec on la televisione e il c..o di tua nipote sopra, oltre ai SUV e alle Mercedes utilitarie adesso ci sono le rianimazioni. Nascono loro e non possiamo morire più in pace noi. Ti fanno respirare, stabilizzano le tue funzioni vitali e ti mantengono in vita quando saresti morto: una quarta dimensione dello stare al mondo. A volte questo fa montare la testa ai medici. Quando si parla di queste cose Dio salta subito fuori. Tirato in ballo per fare conversazione. La precisione rassicura, bombe intelligenti, frigoriferi che ti fanno la spesa via internet, automobili che ti coprono le spalle mentre fai manovra, tazze del cesso che si scaldano e ti salutano. Che cosa c'entra Dio con tutto questo? Questo uomo nuovo che si commuove per il suo tostapane, rimane imprigionato nel nulla, in un limbo tecnologico, quando dovrebbe incontrare il Creatore! Ed ecco che gli Italiani si pongono il problema etico della morte: un disperato è in una situazione disperata. Chiede aNapolitano di poter morire. Basterebbe farsi mettere da qualcuno un piede sul tubo: è a casa sua. Ma lui scrive al Presidente. Che gli risponde, in pratica, che sono c...i suoi. Quell'uomo è allo stremo, ma vuole pensare anche agli altri, cosa risponde il Paese? Risponde con il feticismo della morte, la tragedia buca il video, un video molle... poco più di una bolla di sapone. Entriamo anche noi in rianimazione. Prendiamo confidenza con i respiratori, le pompe di infusione, i contropulsatori aortici, i tubi, gli aspiratori e i materassi antidecubito da ventimila euro. È bello vedere i monitor con le tracce colorate che accompagnano le telecamere in sala operatoria. Non si venderà più il proprio corpo all'università, lo venderemo a un reality show che quando crepi, ti fa l'autopsia in diretta. Dopo un corso intensivo sulle tecniche di rianimazione e dichiarazioni di ogni tipo, infine, il Paese non decide nulla. Chi deve staccare la spina al morente non siamo noi. Terminato il voyeurismo della sofferenza potrà iniziare una discussione etica, con il rispetto della morte. Un fatto privato. Non voglio crepare pensando al rapporto costi/benefici. Spegniamo tutto prima che nasca il fitness del cadavere [...].

Thursday, March 06, 2008

Il Paese dei furbi al volante

Come accade spesso, anche oggi, di ritorno dall'ufficio, mi sono ritrovato fermo sulla tangenziale ovest di Milano. E anche oggi, mentro ero in coda, immancabilmente, mi sono visto superare da dozzine di auto che senza il minimo rispetto e senza vergogna utilizzavano la corsia di emergenza come fosse una loro quarta corsia di comodo.

Mi è venuto in mente che esistono alcune radio dove il servizio di info-traffico è fatto dagli stessi radioascoltatori, ed è capillare, aggiornato di continuo ed estremamente efficiente; gli ascoltatori inviano un SMS o telefonano a un numero apposito e comunicano eventuali code, rallentamenti, ecc. Semplice.

Mi è venuto in mente che negli ultimi mesi alcuni cosiddetti bulli hanno messo in Rete i filmati delle loro imprese (inversioni di marcia su strade dove ciò non è consentito; percorrenza in contromano, sorpassi azzardati e pericolosi, attraversamenti cittadini in auto e moto a velocità folle, e amenità varie); la polizia li ha intercettati e ha agito di conseguenza.

Mettendo insieme quanto sopra pensavo che se ognuno di noi installasse sulla propria auto o moto una apposita telecamera omologata (tipo camera-car da formula uno, senza naturalmente quel livello di sofisticazione) e la abbinasse a un sistema GPS si riuscirebbe a ridimesionare pesantemente il fenomeno delle infrazioni commesse dai cosidetti furbi (a volte più delinquenti che furbi).
Un sistema del tutto volontario. Ad esempio la Lombardia potrebbe individuare un fornitore di questi dispositivi tecnologici e concedere forti incentivi all'acquisto. L'automobilista/motociclista, accortosi attorno a sè di comportamenti e manovre pericolose o illegali potrebbe poi decidere di inviare il filmato via internet a un indirizzo ad hoc (o potrebbe fregarsene e non fare nulla). È ipotizzabile un sistema del tutto anonimo; i funzionari di polizia responsabili di questa unità operativa non verrebbero a conoscenza di chi ha inviato il clip e si riserverebbero di valutare la gravità del contenuto dei filmati, e ovviamente, se è il caso, di procedere amministrativamente e/o penalmente. Sempre anonimamente, in caso di emissione di sanzioni amministrative, si potrebbe decidere di erogare un simbolico contributo-premio (ad esempio il 3-5% del valore della contravvenzione) all'automobilista che ha fatto una segnalazione appropriata contribuendo attivamente a individuare i responsabili di comportamenti particolarmente gravi e rischiosi.
In termini di privacy varrebbero le stesse considerazioni che hanno permesso l'adozione del sistema Tutor per il controllo autostradale della velocità media, ovvero non vi sarebbero problemi.
Da un punto di vista dei costi poi, un sistema di questo tipo sarebbe in grado di autosostenersi facilmente, e con quanto rimane si potrebbero destinare risorse a progetti affini e a iniziative di varia natura.

Ma di fronte a questa proposta mi sembra già di sentire un tumultuso levarsi di mille obiezioni e centomila cavilli, tipiche materializzazioni di fronte a ogni tentativo di trovare soluzioni pratiche, semplici ed efficienti.
Credo che il sistema funzionerebbe, credo soprattutto che varrebbe la pena di tentare almeno una sperimentazione.

La domanda è: ma l'Italiano medio, per natura furbo, vuole realmente eliminare i furbi?