I dati ufficiali sono chiari, in Rete sono riportati ovunque: nel periodo in cui Giancarlo Cimoli è stato amministratore delegato di Alitalia i suoi principali omologhi europei avevano una retribuzione lorda mensile pari a:
30.000 euro (Air France)
45.000 euro (KLM)
64.000 euro (British Airways)
Lo stipendio di Cimoli era invece di 190.000 euro.
Naturalmente le tre compagnie di cui sopra andavano e vanno tuttora bene, con bilanci sani e in ordine, Alitalia ha fatto la fine che tutti conosciamo.
Cimoli era alle Ferrovie, di ferrovie non ci capiva nulla, ma da lì se n'è andato con una buonuscita di 6,7 milioni di euro (prima di allora era transitato con incarichi elevati rispettivamente da SIR, SNIA Viscosa, MonteFibre, MontEdison, ENIMont ed Edison). Approdato all'Alitalia, pur non capendo nulla anche di aerei, ha realizzato un piano industriale (quello 2005-2008) con l'obiettivo di riportare in attivo i conti a partire dal bilancio 2006. In pochi mesi si è visto costretto a rettificare la previsione, definendo l'utile un obiettivo non più raggiungibile. Se n'è andato anche da Alitalia. Con una liquidazione su cui sembra non esserci ancora certezza (sulle clausole che parlavano di una buonuscita milionaria e quelle in cui si ipotizzava un suo sollevamento da ogni responsabilità nella gestione della compagnia sembra essere calato il mistero).
Uno di noi, preso a caso, avrebbe fatto sicuramente meglio, sicuramente sarebbe costato enormemente meno.
Con una retribuzione come quella di Cimoli io avrei lavorato per un massimo di sei mesi, poi mi sarei trasferito in Islanda, vivendo di rendita, al limite aprendo una trattoria milanese o coltivando banane. Soprattutto godendomi la vita e senza fare danni.