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Sunday, September 19, 2010

Matematiche sconosciute (3)

La regola turca risulta molto utile per eseguire moltiplicazioni fra due numeri compresi tra 6 e 9, quelli che danno luogo alla parte più difficile delle tabelline di "elementare" memoria. Tutto quel che serve sono... le nostre dita. Chiariamo il metodo con un esempio. Supponiamo di voler calcolare il risultato di 7*8. Si procede così: associamo una mano (ad esempio la sinistra) al primo numero (7) e la seconda (ad esempio la destra) al secondo (8). Sulla prima mano solleviamo tante dita quante sono le unità che dobbiamo aggiungere a 5 per avere il primo fattore (in questo caso due dita) e facciamo lo stesso con la seconda (tre dita). Sommiamo le dita sollevate delle due mani (2 + 3 = 5), questo ci dà la cifra delle decine; facciamo ora il prodotto delle dita rimaste giù (3*2 = 6), da qui otteniamo la cifra delle unità. Il risultato è proprio 56.

Come funziona? Indichiamo con 10 - a e 10 - b rispettivamente il primo e il secondo numero (a e b rappresentano il numero di dita che rimangono piegate). Eseguiamo ora il prodotto:

(10 - a)(10 - b) = 100 - 10a - 10b + ab =
= 10(10 - a - b) + ab

Il termine 10 - a - b rappresenta, come è facile capire, il numero di dita sollevate.

Il materiale presentato in questo post è un riadattamento di quanto contenuto in un'appendice di La matematica da Pitagora a Newton (1971) di Lucio Lombardo Radice.

Monday, January 05, 2009

Matematiche sconosciute (2)

di Antonio Dario Tognon
(apparso in origine su www.ilparadosso.it)

Il simbolismo matematico. Un fattore non scontato all'origine dell'astrazione della matematica moderma.

"Nel suo studio, arredato in modo spartano e illuminato solo dalla luce di una candela, Robert Recorde era chino su un foglio fitto di cifre e di lettere, con la penna d’oca in mano sospesa a mezz'aria, pronto a scrivere. Stava riflettendo. Dopo aver preso una decisione, immerse risoluto la penna nel calamaio e disegnò un piccolo tratto orizzontale. Proprio al di sotto, appose con diligenza un secondo tratto della stessa lunghezza, rigorosamente parallelo al precedente.
Posata la penna, prese il foglio, tenendolo a braccio teso. Socchiudendo gli occhi, esaminò a lungo il segno che aveva appena tracciato, prima di posare il foglio, soddisfatto. Aveva buoni motivi per esserlo: sotto gli occhi aveva quello che sarebbe divenuto il segno più celebre della matematica, il segno di uguale".
(Denis Guedj, Il Teorema Del Pappagallo)

Quando lessi queste parole la prima volta, rimasi molto colpito, perché significavano che nulla di ciò che avevo visto e imparato in tutta la matematica dalla prima elementare in poi era scontato. La vicenda di Robert Recorde avveniva soltanto nell'anno 1557, a millenni dai primi rudimentali studi di matematica compiuti dall'uomo. La mia meraviglia, dovuta soprattutto al fatto che avevo usato da sempre i simboli matematici quasi come possedessero intrinsecamente il concetto che essi esprimono, mi fece sorgere subito almeno tre domande più ampie: com'è nato il simbolismo
matematico? Perché è stato scelto un simbolo fatto in un certo modo per esprimere un dato concetto? E i matematici erano sempre tutti d'accordo nella scelta di un simbolo?
Storicamente, il simbolismo è nato dall'esigenza di rendere più compatto ed efficace il ragionamento algebrico, cioè dall'esigenza di esprimere determinati concetti nel modo più sintetico possibile. Questo è di particolare importanza perché può essere estremamente complicato seguire un ragionamento astratto scritto su un foglio se, al posto dei simboli, ci sono delle parole o abbreviazioni di esse. Per chiarire questo concetto occorre vedere come i matematici del 1500 scrivevano espressioni algebriche di uso comune. Per esempio, il grande
matematico e medico Gerolamo Cardano (1501-1576), volendo scrivere quello che noi oggi scriveremmo come:

(5 + radq(-15))*(5 - radq(-15)) =
= 25 - (-15) = 40

riportava:

5p : Rm : 15
5m : Rm : 15
25m : m : 15 qd. est 40

dove con R si intendeva la radice quadrata, con "p" più e con "m" meno. Inoltre, il simbolismo ha anche il pregio di rendere universale il linguaggio scientifico: la formula che ho scritto prima in linguaggio moderno è comprensibile a chiunque conosca la matematica a prescindere dalla lingua parlata, mentre nella formula di Cardano tutto quello che non è numero compare come abbreviazione della parola con cui si esprime un dato concetto in Latino o nell'Italiano del 1500. Così, come la "R" stilizzata indica la parola "radice", l'abbreviazione "qd. est", cioè "quid est" denota l'uguaglianza tra le due quantità precedentemente scritte e dipende dalla conoscenza del Latino oltre che della matematica. La scelta di Robert Recorde di sostituire con "=" l'abbreviazione "qd. est" rendeva dunque accessibile anche a chi non conosceva il Latino il significato di una data espressione algebrica. Quando fu chiesta a Recorde la ragione di quella scelta, egli rispose che non conosceva altre due cose tra loro più simili di due linee parallele e quindi queste avrebbero dovuto denotare l'uguaglianza.
Altrettanto interessante è stato scoprire come sono nati i segni di addizione "+" e sottrazione "–". Nel 1489 un Tedesco di nome Widmann doveva trasportare dei prodotti in delle casse dette "lagel", le quali dovevano pesare esattamente quattro centner l'una. Talvolta non era possibile ottenere il peso esatto, quindi era necessario indicare sul coperchio l'inesattezza del peso. Se, per esempio, una cassa pesava cinque libbre meno di quattro centner, allora si scriveva il peso ideale (quattro centner) seguito da un tratto orizzontale e da quanto mancava a raggiungere il peso (cinque libbre). In simboli si scriveva: "4c – 5L". Quando invece la cassa pesava, per esempio, cinque libbre in più di quattro centner, allora si sbarrava il tratto orizzontale per negare quanto scritto nel caso precedente, ottenendo: "4c + 5L". È interessante notare come concettualmente sia nato prima il simbolo "–" del simbolo "+". I simboli moderni del prodotto (cioè "·") e della divisione (cioè ":") sono dovuti a Leibniz, il quale si oppose alla scelta di Oughtred di adottare il simbolo X per esprimere il concetto di moltiplicazione, in quanto tale simbolo poteva essere confuso con la lettera x che già denotava le incognite delle equazioni. Com'è noto, oggi si continuano a usare entrambi i simboli per descrivere il prodotto. L'attuale notazione dell'elevamento a potenza è dovuta a Nicolas Chuquet che la usò per primo nel 1484, mentre l'estrazione di radice quadrata ha una storia molto più lunga: già un papiro egiziano riportava tale simbolo come una squadra rovesciata, ma la notazione attuale sembra essere sorta in Germania nel tardo medioevo come deformazione della lettera "r", usata per indicare la parola radice. Di tutti questi esempi, quello che mi colpisce è come questi simboli siano nati molto tardi nella storia della matematica a dispetto del fatto che tutti oggi li usiamo come avessero un significato scontato. Invece, storicamente, la scelta di un simbolo piuttosto che un altro ha spesso suscitato molte controversie; oltre a quella del prodotto, la cui ambiguità si è protratta fino a oggi, c'è almeno un altro esempio che vale la pena di osservare e che ha coinvolto il già citato simbolo di uguaglianza. Infatti, anche se oggi se n'è perso completamente l'uso, nel 1600 fu proposto anche un altro simbolo "uguale" detto Xylander e fatto nel seguente modo: " ". Come risulta subito evidente, la ragione per cui fu proposto è la stessa data da Recorde, ma questa possibilità non ebbe successo e il simbolo rimase quello attuale.
E, a proposito di significati non scontati, questi esempi non sono nulla in confronto allo stupore che ho provato scoprendo che il numero che tutti chiamano "pi greco", in quanto viene denotato mediante la lettera "pi" dell’alfabeto greco, fu scritto come "π" per la prima volta soltanto nel 1706 a opera di William Jones e diffuso ancora più tardi, nel 1736, per merito di Euler. Questo significa che appena trecento anni fa, il numero che tutti oggi chiamiamo "pi greco" non sarebbe stato riconosciuto se a un qualsiasi matematico fosse stato indicato con quel nome. A proposito di numeri famosi, invece, è ancora più recente la scelta della lettera greca "fi" per indicare la sezione aurea. Fu denotata per la prima volta così soltanto nel ventesimo secolo, quando il matematico statunitense Mark Barr scelse la "Φ" perché iniziale del nome del famoso scultore greco dell'antichità Fidia, il quale scolpì diverse statue in cui è possibile rintracciare il rapporto aureo.
Esistono ancora molti altri esempi di simboli matematici, nati tutti in tempi moderni, che spesso hanno una storia curiosa o particolare; basti pensare, per esempio, a tutte le notazioni sorte con l'analisi infinitesimale e con la logica o ai simboli usati in altri ambiti della matematica che si sono sviluppati più rapidamente anche grazie all'introduzione di un formalismo migliore. Tuttavia, questi sono gli esempi più significativi di notazioni abbondantemente utilizzate nel linguaggio comune e che spesso sembrano descrivere automaticamente un significato; mentre, dal punto di vista storico, ci sono voluti secoli perché l'uomo prendesse coscienza di cosa questi simboli effettivamente descrivono.

Sunday, November 23, 2008

Matematiche sconosciute (1.5)

Oltre al metodo del contadino russo e al metodo egizio esistono altri schemi di moltiplicazione dai nomi alquanto curiosi: a crocetta, a gelosia (o a graticola, o a reticolo, o araba), per scapezzo, a castelluccio, mediante gli ossi (o bastoncini) di Nepero.

Saturday, November 22, 2008

Matematiche sconosciute (1.4)

La cosa interessante del metodo del contadino russo è il suo legame con la rappresentazione binaria dei numeri decimali.

Senza entrare troppo nello specifico possiamo dire che le divisioni continue per 2 del numero di sinistra altro non sono che il criterio per trasformare un numero decimale nel corrispondente in base 2. Prendiamo l'esempio iniziale 24*79. Per rappresentare 24 in base binaria se ne eseguono ripetute divisioni per 2; se il risultato della divisione è un numero intero si scrive a fianco 0 (il resto), se è un numero decimale si prende la parte intera del risultato e di fianco si riporta 1. Si prosegue sino ad arrivare a 0, di fianco a cui si scrive sempre 1. Vediamo meglio:

24/2 = 12, lascio 12, il resto è 0
12/2 = 6, lascio 6, il resto è 0
6/2 = 3, lascio 3, il resto è 0
3/2 = 1,5, scrivo 1, il resto è 1
1/2 = 0,5, scrivo 0, il resto è 1

La forma binaria di 24 è la sequenza di 0 e 1 letta dal basso verso l'alto, ovvero 11000. La trasformazione contraria, dal binario al decimale, si esegue moltiplicando ciascuna cifra di 11000 per le corrispondenti potenze di 2; la regola dice che se un numero binario ha n cifre, queste vanno moltiplicate per le potenze da 2^(n-1) a 2^0 (quest'ultima è sempre pari a 1); nel nostro caso:

1*2^4 + 1*2^3 + 0*2^2 + 0*2^1 + 0*2^0 =
= 1*2^4 + 1*2^3 =
= 1*16 + 1*8 = 16 + 8 = 24

Il metodo del contadino russo esegue la trasformazione da base 10 a base 2 senza scrivere il numero binario ottenuto, il numero binario rimane cioè nascosto. Il metodo esegue anche la trasformazione inversa, e anche questa è nascosta: la moltiplicazione per le potenze di 2 è infatti affogata nella colonna di destra.
Questo algoritmo si basa infine sulla proprietà distributiva della moltiplicazione rispetto all'addizione secondo cui, dovendo moltiplicare a*b e sapendo che b = x + y + z, posso scrivere:

a*b = a*(x + y + z) =
= a*x + a*y + a*z

Dove a*x + a*y + a*z sono prodotti parziali.

Per riepilogare: il metodo del contadino russo trasforma il moltiplicando di sinistra (24) in un numero a base 2 di cui non scrive la rappresentazione; dato che nella fase di ritrasformazione in base 10 contano solo le cifre 1 il metodo richiede di ignorare i risultati pari delle divisioni sequenziali per 2 (quelli che appunto sono stati ottenuti senza resto e dunque determinano le cifre 0 del numero binario); la colonna di destra infine contiene i prodotti parziali costituiti dal moltiplicando di destra (79) e dagli esponenti in base 2 necessari a ritrasformare in base 10 il moltiplicando di sinistra (24).

Matematiche sconosciute (1.3)

Si pensa che questo sistema di moltiplicazione sia ancora oggi usato in alcune remote zone della Russia, tuttavia le origini stesse del nome sono poco chiare. Va notato che il metodo somiglia moltissimo a quello utilizzato dagli Egizi e descritto nel famoso Papiro di Rhind. Non è ancora chiaro se i due algoritmi siano stati sviluppati in modo indipendente o se vi sia stato un travaso dalla cultura egizia a quella russa che infatti hanno avuto punti di contatto.

Il papiro di Rhind (RMP, Rhind Mathematical Papyrus) è il più completo documento egizio di tipo matematico che si conosca. È noto anche come Papiro di Ahmes dal nome dello scriba che lo ha trascritto intorno al 1650 AC (si ritiene a partire da un documento più antico databile tra il 2000 AC e il 1800 AC). Il nome Rhind fa invece riferimento all'antiquario scozzese Alexander Henry Rhind che lo ha acquistato nel 1858. Attualmente è conservato al British Museum di Londra (con alcuni frammenti al Brooklyn Museum di New York).

Matematiche sconosciute (1.2)

Nell'esempio precedente abbiamo utilizzato la colonna di sinistra per effettuare i dimezzamenti e quella di destra per i raddoppi; la colonna sinistra funge da guida selettiva e quella di destra contiene i valori da sommare (la direzione dell'algoritmo è da sinistra a destra).
Va da sè che si può operare in maniera del tutto simmetrica: si fanno i dimezzamenti nella colonna di destra e i raddoppi in quella di sinistra; e allora a fungere da guida selettiva sarà la colonna di destra e i valori da sommare saranno contenuti in quella di sinistra; in questo caso conviene moltiplicare il numero maggiore per il minore; la direzione dell'algoritmo è da destra a sinistra.

Matematiche sconosciute (1.1)

Dalla scuola primaria noi tutti abbiamo imparato i metodi per effettuare le operazioni elementari di addizione, sottrazione, moltiplicazione e divisione. Ognuno di noi, per esempio, non ha alcuna difficoltà nell'eseguire con carta e penna una moltiplicazione anche relativamente complessa. Siamo però indotti a pensare che il criterio da noi utilizzato sia l'unico esistente. Nella realtà i metodi e gli algoritmi di calcolo di oggi sono il frutto di un processo migliorativo durato, in alcuni casi, migliaia di anni.

A proposito di moltiplicazione vorrei presentare un metodo alternativo chiamato del contadino russo. Partiamo da un esempio concreto: supponiamo di calcolare 79*24. Si procede creando due colonne con in testa 79 e 24. I numeri nella colonna di sinistra si ottengono dividendo 79 per 2, sino a che si arriva a 1 (in questo processo non si deve tener conto dell'eventuale resto):

S1 = 79
S2 = 39
S3 = 19
S4 = 9
S5 = 4
S6 = 2
S7 = 1

Per la colonna di destra si fanno invece dei raddoppi continui:

D1 = 24
D2 = 48
D3 = 96
D4 = 192
D5 = 384
D6 = 768
D7 = 1.536

Ora si utilizza la colonna di sinistra come guida: consideriamo i numeri dispari (in questo caso S1, S2, S3, S4, S7); dalla colonna di destra prendiamo i valori corrispondenti (D1, D2, D3, D4, D6) e li sommiamo tra loro. La somma è esattamente il risultato cercato:

79*24 = D1 + D2 + D3 + D4 + D6 =
= 24 + 48 + 96 + 192 + 1.536 =
= 1.896

Verifichiamo che sia lo stesso per il calcolo di 24*79:

S1 = 24
S2 = 12
S3 = 6
S4 = 3
S5 = 1

D1 = 79
D2 = 158
D3 = 316
D4 = 632
D5 = 1.264

24*79 = D4 + D5 =
= 632 + 1.264 = 1.896

In questo caso si perviene a un risultato identico con un numero di passaggi inferiore. È bene ricordare che questa comportamento ha validità generale, conviene dunque moltiplicare il numero più piccolo per il più grande e non il viceversa.