di Antonio Dario Tognon
(apparso in origine su www.ilparadosso.it)
Il simbolismo matematico. Un fattore non scontato all'origine dell'astrazione della matematica moderma.
"Nel suo studio, arredato in modo spartano e illuminato solo dalla luce di una candela, Robert Recorde era chino su un foglio fitto di cifre e di lettere, con la penna d’oca in mano sospesa a mezz'aria, pronto a scrivere. Stava riflettendo. Dopo aver preso una decisione, immerse risoluto la penna nel calamaio e disegnò un piccolo tratto orizzontale. Proprio al di sotto, appose con diligenza un secondo tratto della stessa lunghezza, rigorosamente parallelo al precedente.
Posata la penna, prese il foglio, tenendolo a braccio teso. Socchiudendo gli occhi, esaminò a lungo il segno che aveva appena tracciato, prima di posare il foglio, soddisfatto. Aveva buoni motivi per esserlo: sotto gli occhi aveva quello che sarebbe divenuto il segno più celebre della matematica, il segno di uguale".
(Denis Guedj, Il Teorema Del Pappagallo)
Quando lessi queste parole la prima volta, rimasi molto colpito, perché significavano che nulla di ciò che avevo visto e imparato in tutta la matematica dalla prima elementare in poi era scontato. La vicenda di Robert Recorde avveniva soltanto nell'anno 1557, a millenni dai primi rudimentali studi di matematica compiuti dall'uomo. La mia meraviglia, dovuta soprattutto al fatto che avevo usato da sempre i simboli matematici quasi come possedessero intrinsecamente il concetto che essi esprimono, mi fece sorgere subito almeno tre domande più ampie: com'è nato il simbolismo
matematico? Perché è stato scelto un simbolo fatto in un certo modo per esprimere un dato concetto? E i matematici erano sempre tutti d'accordo nella scelta di un simbolo?
Storicamente, il simbolismo è nato dall'esigenza di rendere più compatto ed efficace il ragionamento algebrico, cioè dall'esigenza di esprimere determinati concetti nel modo più sintetico possibile. Questo è di particolare importanza perché può essere estremamente complicato seguire un ragionamento astratto scritto su un foglio se, al posto dei simboli, ci sono delle parole o abbreviazioni di esse. Per chiarire questo concetto occorre vedere come i matematici del 1500 scrivevano espressioni algebriche di uso comune. Per esempio, il grande
matematico e medico Gerolamo Cardano (1501-1576), volendo scrivere quello che noi oggi scriveremmo come:
(5 + radq(-15))*(5 - radq(-15)) =
= 25 - (-15) = 40
riportava:
5p : Rm : 15
5m : Rm : 15
25m : m : 15 qd. est 40
dove con R si intendeva la radice quadrata, con "p" più e con "m" meno. Inoltre, il simbolismo ha anche il pregio di rendere universale il linguaggio scientifico: la formula che ho scritto prima in linguaggio moderno è comprensibile a chiunque conosca la matematica a prescindere dalla lingua parlata, mentre nella formula di Cardano tutto quello che non è numero compare come abbreviazione della parola con cui si esprime un dato concetto in Latino o nell'Italiano del 1500. Così, come la "R" stilizzata indica la parola "radice", l'abbreviazione "qd. est", cioè "quid est" denota l'uguaglianza tra le due quantità precedentemente scritte e dipende dalla conoscenza del Latino oltre che della matematica. La scelta di Robert Recorde di sostituire con "=" l'abbreviazione "qd. est" rendeva dunque accessibile anche a chi non conosceva il Latino il significato di una data espressione algebrica. Quando fu chiesta a Recorde la ragione di quella scelta, egli rispose che non conosceva altre due cose tra loro più simili di due linee parallele e quindi queste avrebbero dovuto denotare l'uguaglianza.
Altrettanto interessante è stato scoprire come sono nati i segni di addizione "+" e sottrazione "–". Nel 1489 un Tedesco di nome Widmann doveva trasportare dei prodotti in delle casse dette "lagel", le quali dovevano pesare esattamente quattro centner l'una. Talvolta non era possibile ottenere il peso esatto, quindi era necessario indicare sul coperchio l'inesattezza del peso. Se, per esempio, una cassa pesava cinque libbre meno di quattro centner, allora si scriveva il peso ideale (quattro centner) seguito da un tratto orizzontale e da quanto mancava a raggiungere il peso (cinque libbre). In simboli si scriveva: "4c – 5L". Quando invece la cassa pesava, per esempio, cinque libbre in più di quattro centner, allora si sbarrava il tratto orizzontale per negare quanto scritto nel caso precedente, ottenendo: "4c + 5L". È interessante notare come concettualmente sia nato prima il simbolo "–" del simbolo "+". I simboli moderni del prodotto (cioè "·") e della divisione (cioè ":") sono dovuti a Leibniz, il quale si oppose alla scelta di Oughtred di adottare il simbolo X per esprimere il concetto di moltiplicazione, in quanto tale simbolo poteva essere confuso con la lettera x che già denotava le incognite delle equazioni. Com'è noto, oggi si continuano a usare entrambi i simboli per descrivere il prodotto. L'attuale notazione dell'elevamento a potenza è dovuta a Nicolas Chuquet che la usò per primo nel 1484, mentre l'estrazione di radice quadrata ha una storia molto più lunga: già un papiro egiziano riportava tale simbolo come una squadra rovesciata, ma la notazione attuale sembra essere sorta in Germania nel tardo medioevo come deformazione della lettera "r", usata per indicare la parola radice. Di tutti questi esempi, quello che mi colpisce è come questi simboli siano nati molto tardi nella storia della matematica a dispetto del fatto che tutti oggi li usiamo come avessero un significato scontato. Invece, storicamente, la scelta di un simbolo piuttosto che un altro ha spesso suscitato molte controversie; oltre a quella del prodotto, la cui ambiguità si è protratta fino a oggi, c'è almeno un altro esempio che vale la pena di osservare e che ha coinvolto il già citato simbolo di uguaglianza. Infatti, anche se oggi se n'è perso completamente l'uso, nel 1600 fu proposto anche un altro simbolo "uguale" detto Xylander e fatto nel seguente modo: " ". Come risulta subito evidente, la ragione per cui fu proposto è la stessa data da Recorde, ma questa possibilità non ebbe successo e il simbolo rimase quello attuale.
E, a proposito di significati non scontati, questi esempi non sono nulla in confronto allo stupore che ho provato scoprendo che il numero che tutti chiamano "pi greco", in quanto viene denotato mediante la lettera "pi" dell’alfabeto greco, fu scritto come "π" per la prima volta soltanto nel 1706 a opera di William Jones e diffuso ancora più tardi, nel 1736, per merito di Euler. Questo significa che appena trecento anni fa, il numero che tutti oggi chiamiamo "pi greco" non sarebbe stato riconosciuto se a un qualsiasi matematico fosse stato indicato con quel nome. A proposito di numeri famosi, invece, è ancora più recente la scelta della lettera greca "fi" per indicare la sezione aurea. Fu denotata per la prima volta così soltanto nel ventesimo secolo, quando il matematico statunitense Mark Barr scelse la "Φ" perché iniziale del nome del famoso scultore greco dell'antichità Fidia, il quale scolpì diverse statue in cui è possibile rintracciare il rapporto aureo.
Esistono ancora molti altri esempi di simboli matematici, nati tutti in tempi moderni, che spesso hanno una storia curiosa o particolare; basti pensare, per esempio, a tutte le notazioni sorte con l'analisi infinitesimale e con la logica o ai simboli usati in altri ambiti della matematica che si sono sviluppati più rapidamente anche grazie all'introduzione di un formalismo migliore. Tuttavia, questi sono gli esempi più significativi di notazioni abbondantemente utilizzate nel linguaggio comune e che spesso sembrano descrivere automaticamente un significato; mentre, dal punto di vista storico, ci sono voluti secoli perché l'uomo prendesse coscienza di cosa questi simboli effettivamente descrivono.