Tutti sanno che una anno bisestile si caratterizza per l'aggiunta di un giorno extra alla fine del mese di Febbraio. Molti meno, invece, sanno che questa operazione si rende necessaria per riavvicinare il calendario Gregoriano (il nostro modo di misurare l'anno, sistema che è in vigore dal 1582 in sostituzione del precedente calendario Giuliano) al naturale ciclo delle stagioni; quest'ultimo è anche noto come anno solare o anno tropico, rappresenta la distanza temporale tra due equinozi o due solstizi dello stesso tipo, e ha una durata media di 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 46 secondi (si parla di durata media perché la durata reale è funzione del moto terrestre intorno al sole, orbita che varia leggermente di anno in anno per gli effetti dovuti alla gravità degli altri pianeti e per il fenomeno della precessione degli equinozi).
Dal 2000 molti hanno anche scoperto che gli anni bisestili sono quelli divisibili, oltre che per 4, anche per 400 ma non per 100 (il 2000 è stato bisestile, invece il 1900 no, né lo sarà il 2100, ammesso che in quella data il pianeta sarà ancora integro).
E sono forse pochissimi quelli che conoscono l'etimologia del termine bisestile. Per coglierne l'origine bisogna risalire al periodo del calendario Giuliano, epoca in cui si usava già introdurre un giorno in più per allineare il calendario civile all'anno solare. A quei tempi l'inserimento del giorno extra avveniva dopo il 24 Febbraio, che era chiamato sesto giorno prima delle calende di Marzo (i Latini avevano l'abitudine di contare i giorni per sottrazione a partire da certe date prefissate).
Devo dire che parte della colpa è da attribuire alla pronuncia dell'aggettivo bisestile. La esse dolce, infatti, non aiuta per nulla a collegare quel termine ai corrispondenti sestile, sesto e sei (tutti e tre con esse aspra). E di fatto il problema della pronuncia è conseguenza della mancata distinzione grafica che nel Toscano non consente di separare i due tipi di esse.