È giusto impedire a TV e carta stampata di parlare di astrologia e pubblicare oroscopi? Si potrebbe pensare di no; si potrebbe sostenere che se un argomento è fallace, prima o poi, scomparirà da solo andando verso un naturale destino darwiniano di autoestinzione. Ma, se 400 anni dopo Galileo la maggior parte degli umani crede ancora nelle ideologie (Comunismo, Cristianesimo, Islam, ...) o nei maghi e negli astrologi, significa che c'è qualcosa che impedisce al meccanismo di selezione di funzionare correttamente.
Ci vedo una similitudine con la teoria economica della concorrenza perfetta. In sostanza essa si basa su una serie di ipotesi profondamente irrealistiche; per esempio il fatto che non ci siano barriere all'ingresso in un mercato e, soprattutto, che via sia informazione perfetta e perfettamente simmetrica.
Si potrebbe pensare che ciascuno di noi abbia libero accesso all'informazione scientifica, ma questo è vero solo in parte. C'è sempre qualcuno che opera una selezione per noi, che decide quali informazioni darci e quali tacere. La quantità di informazioni a cui siamo esposti in un dato periodo (un giorno, una settimana, un mese, ...) è ovviamente limitata, e se qualcuno sceglie sempre per noi finisce inevitabilmente con l'orientare le nostre scelte e i nostri comportamenti; in ultima analisi determina in buona parte la nostra forma mentis verso i consumi informativi (oltre che verso i consumi reali). Oltre un certo valore critico, dare troppo spazio a certi argomenti piuttosto che ad altri significa segnare un punto di non ritorno (o di ritorno estremamente difficile) verso un tipo di condizionamento inconscio da cui sarà molto difficile liberarsi.
Alcuni esempi (in parte già esposti sul blog): dozzine di volte al giorno siamo bombardati dalla pubblicità (tra l'altro particolarmente brutta) delle varie compagnie di telefonia mobile che si scontrano tra loro, ma per contro i servizi di giornali e TV su Skype (e in generale sulla possibilità di telefonare gratuitamente via internet) sono quasi inesistenti; questo è un tipico esempio di sbilanciamento verso un tipo di informazione a scapito di un altro, con il risultato che questa asimmetria ha ridotto enormemente le possibilità di risparmio degli utenti e ha rallentato fortemente la diffusione delle telefonate gratuite in rete. Siamo indotti a comprare prodotti di igiene personale (schiuma da barba, sapone liquido) quando potremmo usare delle saponette tradizionali per arrivare agli stessi risultati con costi molto inferiori (ma di queste in TV non si parla, e, curiosa conseguenza, da un po' di anni ci si è dimenticati della loro esistenza). La pubblicità dei rasoi a tre, quattro, cinque lame è imperante, sprattutto in certi periodi; ma si parla solo del rasoio e mai delle lamette (omissione di informazioni essenziali alle scelte); così si finisce col comprare un rasoio a prezzo contenuto, ma al primo cambio di lamette ci si rende conto del salasso rappresentato dai costi di quest'ultime.
Per l'astrologia è un po' la stessa cosa; il tempo che i media le dedicano è di gran lunga superiore a quello riservato all'astronomia; l'amara constatazione è che, all'inizio del terzo millennio, un argomento scientificamente infondato sta ancora cannibalizzando il tempo che meriterebbero le vere questioni scientifiche. L'abitudine alla consultazione di un oroscopo (su una rivista, in una trasmissione televisiva, presso lo studio di un sedicente mago) è tutto tempo sottratto a qualcos'altro di più serio e importante (per la gioia, soprattutto economica, dei tanti astrologi del pianeta). Non abbiamo un tempo infinito, è anche per questo che il modello di selezione non funziona.
E allora penso che si dovrebbe impedire la diffusione di certe notizie o, almeno, creare delle forti limitazioni.
Può uno Stato fare questo? Certo che può, ma crederlo è difficile. Lo Stato non è "senza peccato". Detiene anzi il monopolio di alcuni giochi come le lotterie del Gratta e Vinci e del SuperEnalotto, i cui giocatori giocano attirati da trappole che smaschererebbero subito se solo conoscessero un minimo di Teoria della Probabilità.