Immaginate di avere una perdita d'acqua in casa. Chiamate l'idraulico, gli spiegate il problema e questi, anziché intervenire, vi risponde dicendo "auspico che il guasto venga riparato". Ma come? Tu sei l'idraulico, sei tu che dovresti risolvermi la perdita e invece mi dici che auspichi? Naturalmente si tratta di una situazione al di fuori della realtà. Se tuttavia facciamo una traslazione dal mondo degli idraulici a quello dei politici non è difficile rendersi conto di come l'irrealtà appena descritta si trasformi in quotidiana normalità. Quanto più il politico è importante, infatti, e quanto più riveste un ruolo istituzionale elevato tanto maggiore è il ricorso alla formuletta del verbo auspico. A cui si aggiungono poi altre espressioni magistrali tra cui "formulo l'augurio che...", "bisogna trovare le condizioni affinché...", "è necessario andare verso una convergenza/piattaforma di...". Insomma, un Paese di politici auspicatori, a partire dal giovane Napolitano.
E allora istituiamo un bel fondo di devoluzione in cui far convergere delle multe simboliche (un misero 100 euro) ogni volta che un politico o un uomo delle istituzioni tiri fuori la parola auspico. Conta la prova televisiva. Sono certo che in poco tempo si raccoglierebbe una somma enorme, da destinare poi a qualche progetto utile e interessante.