Saturday, February 13, 2010

L'Architettura di sopravvivenza. Una filosofia della povertà

Ho terminato da poco di leggere L'Architettura di sopravvivenza. Una filosofia della povertà di Yona Friedman (2009, Bollati Boringhieri, www.bollatiboringhieri.it, titolo originale L'Architecture de survie. Une philosophie de la pauvreté, traduzione di Giulietta Fassino).

Il testo era stato presentato da Luca Mercalli durante una puntata della trasmissione televisiva Che tempo che fa di qualche settimana addietro.
In passato mi era capitato più volte di seguire i consigli di Mercalli e devo dire di esserne rimasto sempre molto soddisfatto. Evidentemente questa è l'eccezione che conferma la regola.

Nel lavoro dell'architetto franco-ungherese non ho infatti trovato gli spunti che mi aspettavo. Ho riscontrato alcuni elementi di interesse, citati nei giorni scorsi in una manciata di post su questo stesso blog, ma se provo a rispondere alla domanda essenziale "cosa mi ha lasciato veramente questo libro?" la risposta è "quasi nulla".

A penalizzare queste pagine, a mio giudizio, sono principalmente due elementi: (1) l'impostazione: viene privilegiato un approccio quasi filosofico con un indirizzo eccessivamente teorico, ma, alla fine, di architettura qui dentro c'è ben poco; (2) lo stile: pesante e spesso autoreferenziale (Friedman cita quasi unicamente se stesso e i suoi lavori), cosa che lascia un forte senso di noia e di insoddisfazione.