Wednesday, September 01, 2010

Martyrs

Ho visto questo film su felice consiglio dell'amico Gabriele.

Martyrs (Francia/Canada, 2008) è un lavoro di Pascal Laugier che oltre alla regia ha curato anche il soggetto; Mylène Jampanoï, Morjana El Alaoui, Catherine Bégin, Robert Toupin, Patricia Tulasne, Juliette Gosselin, Xavier Dolan-Tadros, Isabelle Chasse, Emilie Miskdjian e Mike Chute sono gli attori principali, di fatto tutti, se escludiamo alcune comparse nel finale.

Se riportare i nomi citati sopra (prendendoli da internet) è stata la cosa facile, il difficile - invece - è tentare di descrivere con parole semplici (e appropriate) quello che le immagini hanno lasciato dentro.

La struttura, in questo caso, è simbolo; cominciamo dunque da qui. In Martyrs tutto sembra ricondurre al concetto di due. Ovunque ci sono coppie di elementi; a volte si susseguono, altre si contrappongono, altre ancora si trasformano e si compenetrano. È il film stesso a essere perfettamente (e metodicamente) diviso in due (quasi come fossero due episodi diversi posti tra loro in sequenza). Se le scene iniziali fanno pensare a un horror concitato e di stampo moderno, la seconda parte è invece estremamente drammatica. O, se vogliamo, è ancora orrorifica (anzi, se possibile lo è più della prima), ma sotto una luce diversa: questa volta si tratta di un orrore ben più reale, perché legato a quella metà oscura e maligna della nostra natura (umana), di cui spesso dimentichiamo l'esistenza (al tempo stesso ingombrante e strisciante). Se all'inizio si ha la sensazione di osservare le vicende narrate - per quanto crude e toccanti - da una prospettiva esterna (evidentemente protetti dalla consapevolezza che di finzione cinematografica si tratta), nella seconda parte il tutto si trasfigura in una specie di viaggio interiore, alla scoperta del nostro lato più indicibile e recondito; e la finzione lascia il passo a un'inquietudine terribilmente reale. Sono due anche le protagoniste, entrambe giovani; che si contrappongono alle anziane figure che compaiono nel finale. Altri dualismi sono invece più tradizionali: mente/corpo, vita/morte, luce/buio, normalità/perversione...

Verrebbe quasi da dire che si tratta di una pellicola "disturbante", non tanto (e non solo) per quel che si vede, quanto soprattutto per le riflessioni profonde che questo lavoro si trascina dietro ed è in grado di suscitare. Non si dimentichi, tuttavia, che i film disturbanti sono solitamente anche i più riusciti (e Martyrs non sembra fare eccezione).

Emotivamente parlando, questo è un film che per l'intera sua durata ti schiaccia contro un muro, ti toglie il respiro; Martyrs non si guarda: si subisce. Asciutto, freddo, fin quasi chirurgico nel suo trasporre i percorsi di sofferenza che delinea.
A tratti potrebbe far pensare all'Olocausto o alla violenza sulle donne, ma penso che le intenzioni di Laugier siano state quelle di tradurre in immagini la crudeltà umana in senso più esteso, decontestualizzandola dalla dimensione spaziale e temporale (così come da quella politica e religiosa).

Chiudo questo post con la forte sensazione di aver tralasciato qualche cosa e di non aver compreso a fondo tutti gli elementi del puzzle; provo un certo disagio e un senso di incompletezza.
Che dire, mi è piaciuto Martyrs? Sì, anche se ho trovato il finale un po' debole, sia a livello di storia che di effetti (la ragazza scuoiata rivela una bella tutina sapientemente disegnata, ma forse il budget non permetteva di ottenere di più). L'idea della martirizzazione è comunque originale, sebbene ammetto non mi abbia convinto del tutto.
Credo tuttavia che quest'opera sia destinata a lasciare il segno e soprattutto a costituire un nuovo termine di paragone per le future produzioni cinematografiche di genere. Il tempo ci dirà se abbiamo ragione.