Le recenti devastazioni ad opera di alcuni ultras/delinquenti napoletani sembrano aver indotto il governo a prendere l'ennesima decisione errata in materia di sicurezza sportiva.
E spiace che a farlo, questa volta, sia stato il mio ministro Maroni.
Vietare le trasferte ai tifosi, a mio parere, è infatti una specie di dichiarazione di resa o, più probabilmente, un'ammissione di impotenza e di insufficienza di mezzi.
Mancano gli strumenti legislativi adeguati, manca la voglia di far rispettare le pur limitate leggi che esistono, e soprattutto mancano la volontà, e ancor più il coraggio, di incamminarsi una volta per tutte lungo strade che altri Paesi europei hanno imboccato da molto tempo (generalmente con buoni risultati).
Cosa c'è che non va? Proviamo a fare un breve elenco: un governo troppo timido, una magistratura con poteri enormi e dalle tendenze sinistrorse e buoniste, un'opposizione che su questi temi è sempre schierata con la magistratura di cui sopra, e infine un'opinione pubblica mammona e poco incline a una reale tolleranza zero.
Per quanto non sia un amante del calcio, mi piacerebbe vedere stadi aperti a tutti.
Un adeguato servizio di sicurezza, con uomini e donne dotati di poteri reali, sarebbe sufficiente a individuare i criminali infiltrati che, come tutti riconoscono, sono una piccola minoranza. Criminali che vanno presi (subito o nei giorni successivi, sfruttando tutte le riprese video del caso), radiati a vita da qualunque manifestazione sportiva, e soprattutto spediti a scontare pene adeguate in qualche campo di lavoro. Senza cedere a nessun buonismo. Vanno presi uno a uno, con pazienza, senza panico. E ci si mette il tempo che ci vuole, quello cioè per togliere di torno anche l'ultima mela marcia, l'ultimo batterio.
È davvero così difficile?
Vietare le trasferte per le partite giudicate a rischio non colpisce i responsabili, al contrario, li lascia liberi di dedicarsi alle altre attività malavitose che ben conosciamo.