Roald Hoffmann è nato nella Polonia sudorientale da una famiglia ebrea. Se pensate che il suo nome sia in onore del grande esploratore norvegese Amundsen (che, per molti, ha conquistato per primo il Polo Sud), state pensando la cosa giusta.
Hoffmann ha ricevuto il premio Nobel per la chimica nel 1981 e, nel suo ambito, è una delle personalità di maggior spicco (la sua fama è molto alta soprattutto negli Stati Uniti, qui in Europa un po' meno).
Si è distinto anche al di fuori del mondo accademico per la sua consistente attività divulgativa, come sarà evidente da quanto riportato sotto. Nel libro di Odifreddi il capitolo a lui dedicato, oltre a essere uno dei meno brevi, è anche tra quelli più affascinanti.
Ecco i tre passi tratti dall'intervista; il primo, molto fine e profondo, tratta il grande e delicato tema dell'irrazionalità, e del rapporto che con essa hanno gli scienziati:
"La società non vuole vedere i lati oscuri di ciò che rende la sua vita migliore, e li rimuove. E non solo nel campo chimico! Ad esempio, ci piace la carne, ma non ci piace assistere alla macellazione degli animali. Questo conduce dritto all'irrazionalità, che gli scienziati in genere non possono sopportare. È per questo che non devono essere loro a governare: altrimenti ammazzerebbero nel nome della ragione chi non si comporta «come deve», commettendo il peggiore peccato che si possa commettere. [La razionalità] è una qualità intrinseca dell'azione umana. E la poesia, la letteratura, l'arte, e l'umanesimo in genere, ci aiutano appunto a comprenderla".
Il secondo passo parte dal problema, oggi molto sentito, dell'inquinamento antropico per illustrare una visione della vita sul pianeta Terra correttamente slegata dalle sorti dell'umanità che la popola:
"Gaia, cioè il pianeta Terra come organismo, vive senza preoccuparsi troppo delle sue specie. Ad esempio, per miliardi di anni la sua atmosfera è rimasta simile a quella di Marte oggi: pochissimo ossigeno e moltissimo diossido di carbonio. Ma per miliardi di anni la vita è prosperata comunque in questo ambiente «inquinato», nelle profondità marine o vicino ai vulcani. L'ossigeno, che oggi costituisce il 21 per cento dell'atmosfera, è quasi completamente un prodotto di scarto di organismi viventi, e ha ucciso la maggior parte delle forme di vita primordiali. Quelle che sono sopravvissute, o si sono ritirate in ambienti senza ossigeno, o hanno imparato ad adattarvisi. Ciò che per qualcuno è scoria inquinante, per altri è un elemento vitale! E Gaia continuerà a vivere con le nostre scorie, e magari senza di noi".
L'ultimo brano che riporto parte ancora dal problema dell'inquinamento per tentare, questa volta, di disegnare con logica e semplicità lo scenario futuro più probabile:
"L'inquinamento industriale è un fenomeno di un paio di secoli soltanto, che sono un batter d'occhio su scala geobioogica. E poi, l'effetto serra è un buon esempio di come la scienza serva a diagnosticare e a curare i problemi che essa stessa crea: sarebbe stato impossibile anche solo accorgersi del buco di ozono, senza immagini satellitari! Ci saranno crisi continue, con la tecnologia sempre in fuga in avanti, e le soluzioni e le leggi sempre dietro all'inseguimento, e a volte molto indietro".