La democrazia non è necessariamente qualcosa di buono, ma se la si promuove come la migliore tra le possibili forme di governo se ne devono accettare implicazioni e conseguenze.
Ieri la civilissima Irlanda ha bocciato tramite referendum popolare il travagliato e sempre più sbiadito Trattato di Lisbona. Quasi tutte le reazioni istituzionali sono state di segno negativo, ricordando molto da vicino le forme di becero ostracismo verso i successi elettorali e le istanze politiche della Lega qui da noi.
Questo invece dovrebbe essere il momento del silenzio e soprattutto dell'analisi. Si sta cercando di far passare l'Irlanda per una nazione antieuropea ma, si sa, le bugie hanno le gambe corte, e questa visione è destinata a un rapido tramonto. Gli Irlandesi, come appare ovvio, hanno semplicemente voluto dire no a un certo modello di Europa, troppo burocratizzata, troppo simile ai malcostumi di romana memoria, il resto sono chiacchiere da bar.
L'Italia, ne sono certo, il coraggio di chiamare alle urne il proprio popolo su una questione delicata come questa non ce l'avrà mai. Diranno che la costituzione non prevede il ricorso al referendum per la ratifica dei trattati internazionali. Nulla di nuovo sotto il sole: si chiama posizione del coniglio.