Come molti profeti dell'antichità, Gesù di Nazaret è un personaggio mit(olog)ico sul quale non esistono testimonianze storiche. Le notizie sulla sua vita si basano sui racconti letterari che vanno sotto il nome di Vangeli, scritti a partire dalla seconda metà del primo secolo e divisi in quattro "canonici'' e vari "apocrifi'', a seconda che siano o meno accettati come ispirati dalla Chiesa. In base a questi racconti Gesù sarebbe nato durante il regno del re Erode, dunque prima del 4 AC, e morto sotto la prefettura di Pilato, dunque fra il 26 e il 36 DC.
Il Cristianesimo che a lui si ispira prende il nome dalla parola greca Christos, "unto'', è professato (almeno formalmente) da un terzo della popolazione mondiale, e si divide in varie sette: i Cattolici nell'Europa e nell'America del Sud, i Protestanti nell'Europa e nell'America del Nord, gli Ortodossi nell'Europa dell'Est, e gli Anglicani in Inghilterra. In questa cacofonia di voci discordanti molti sostengono di parlare in nome e per conto di Gesù, in maniera più o meno istituzionale, e qualcuno pretende addirittura di esserne il vicario in terra, con gran confusione dei poveri di spirito.
Per rimediare alla situazione abbiamo chiesto a Gesù un'intervista in cui egli esponesse il suo pensiero canonico, ed egli ce l'ha graziosamente concessa come regalo di Natale, per la maggior gloria di Dio.
Rabbi, di lei sappiamo soltanto ciò che ci dicono i Vangeli. Si riconosce in quell'immagine?
Certamente no. Essendo rivolti ai pastori analfabeti della Palestina di duemila anni fa, i Vangeli forniscono un'immagine di me che all'uomo tecnologico contemporaneo non può non apparire anacronistica. Comunque, quell'immagine era inattendibile anche allora: Marco e Luca non mi conoscevano neppure, tutti gli evangelisti riportano parole dette e fatti accaduti decenni prima che li scrivessero, e il canone è un'invenzione del concilio di Roma del 382.
In parte, però, la colpa è anche sua: perché non ha lasciato niente di scritto?
Colui che mi ha condannato a morte sentenzierebbe: «Verba volant, scripta manent». Io preferisco dire che le chiese si edificano sulle pietre delle Scritture, ma le religioni si librano sulle ali della colomba dello Spirito. Per questo usavo continuamente l'espressione «sta scritto, ma io vi dico». .
Intende dire che le chiese sono terrene, e le religioni spirituali?
Quello che ho detto, ho detto.
Ma io non ho capito, e insisto: la Chiesa non è religiosa?
Certamente non è cristiana, neppure nel senso limitato di aderire all'immagine che di me offrono i Vangeli. Il Cristianesimo non è un'invenzione mia, ma di Paolo di Tarso: della mia vita, nella sua predicazione non è rimasto altro che la mia passione.
È per questo che il Cristianesimo è diventato una religione di morte?
Anche per questo. Non si poteva pensare che l'ossessiva raffigurazione di un uomo flagellato, incoronato di spine e inchiodato a una croce potesse ispirare sentimenti positivi e gioiosi. Devo ammettere che la serenità dell'iconografia buddhista, così come la vitalità di quella induista, si sono dimostrate superiori alla mia.
Che cosa pensa, più in generale, dell'iconografia religiosa?
Cosa potrei pensare, se non che il Padre mio l'ha espressamente proibita nel Secondo Comandamento? Comunque, non c'era bisogno dell'onniscienza per capire che le immagini sono le porte di ingresso al regno dell'idolatria: bastava il buon senso, che i miei seguaci non hanno avuto. D'altronde, io ho solo chiesto che mi seguissero, non che mi raffigurassero o mi adorassero: ero l'Agnello di Dio, e mi hanno trasformato in un vitello d'oro.
Però lei ha detto ai discepoli di andare e predicare ovunque la Buona Novella.
Io desideravo che il mio insegnamento si diffondesse, affinché chi avesse orecchie per intenderlo lo intendesse. Ero in buona fede, se posso permettermi l'espressione: come potevo immaginare che le teste calde avrebbero cercato di imporre le mie parole «urbi et orbi»?
E l'hanno fatto col ferro e col fuoco, nei nomi suo e di Dio.
Il nome di Dio non doveva essere nominato invano. Quanto al mio, se avessi saputo che sarebbe stato invocato nelle crociate, nelle inquisizioni e nelle conquiste, non avrei mai abbandonato la mia bottega di falegname: la mia missione era socchiudere le porte del Paradiso, ma ho finito per spalancare quelle dell'Inferno. Purtroppo, a differenza del Padre mio, non sono onniscente.
Intende dire che lei non è Dio?
Un angelo che dicesse di essere Dio, sarebbe diabolico. Un uomo, soltanto ridicolo.
Ancora una volta, devo insistere: è o non è il Figlio di Dio?
Lei lo dice. Ma chi non lo è?
E i miracoli che faceva, erano opera di Dio o del Demonio?
Gli uomini chiamano miracoli gli eventi che non comprendono. Lei crede veramente che l'opera del Padre mio sia tanto imperfetta, da necessitare di correzioni? O che Dio possa acconsentire a modificarla, per esaudire la preghiera di un uomo?
Dunque non bisogna pregare?
Pregare significa recitare il nome del Padre e compiere la Sua volontà, non chiederGli favori e raccomandazioni.
E come si fa a sapere qual è la volontà di Dio?
Bisogna ascoltare la Sua voce, tacitando la propria.
Vuol dire ascoltare la propria coscienza?
"Coscienza'' è una parola antica, benché più moderna di "Dio''. Forse, se si usasse "inconscio'' si capirebbe meglio ciò che intendevo quando dissi: «Il regno di Dio è dentro di voi».
Non credo che il mio inconscio mi direbbe di rinunciare ai piaceri della carne.
Né glielo suggerirebbero le parole del «Cantico dei cantici». O l'esempio di chi, come me, si faceva asciugare i capelli da una prostituta. Sono i sepolcri imbiancati che indossano la veste nera, a chiamare "morale'' la perversione predicata da Paolo.
Quanto al mio conscio, mi riesce difficile coniugare la teoria che lei predicava con la pratica di chi oggi le si ispira.
Se si riferisce al mercimonio che si è compiuto e si continua a compiere nel mio nome, quando giungerà l'ora della mia seconda venuta tornerò al tempio per cacciare i mercanti che vi si sono reinsediati e rovesciare i banchi delle loro mercanzie.
In particolare, che ne pensa della recente inflazione della lista dei beati e dei santi?
Come il Padre mio ha fermato la mano di Abramo, io fermerò quella del mio vicario che non sa quel che si fa: perché è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che uno dei suoi santi vada in Paradiso.
Dunque all'Inferno ci va veramente qualcuno?
In verità, in verità le dico: all'Inferno ci finiscono quasi tutti quelli che sperano di non andarci. Il detto «le vie del Signore sono infinite» l'ha inventato il Diavolo, per nascondere che invece quasi tutte le vie portano a lui: soprattutto quelle indicate da coloro che usurpano il mio nome.
Trascrizione del capitolo "Intervista a Gesù" tratto da Un Matematico Impertinente di Piergiorgio Odifreddi (2005, Longanesi Editore).