Il post in cui mi sono occupato del ponte sullo Stretto di Messina mi dà lo spunto per parlare qui di un argomento probabilmente poco conosciuto. Ormai tutti sanno che per misurare la magnitudo di un terremoto si utilizza la scala Richter (dal nome di Charles Richter, fisico e sismologo statunitense, ovviamente da non confondere con il famoso pianista russo).
Il ponte che si sta progettando è fatto in modo da resistere a un evento sismico di 7,1° Richter. 7,1 non è un numero casuale: corrisponde al grado del disastroso terremoto di Messina del 1908.
Qui vanno fatte due considerazioni: la prima è che nel 1908 non esisteva la scala Richter, dunque nessuno ha realmente misurato quel terremoto, si parla di una stima che, per quanto ragionevole, è appunto solo una stima; la seconda, più intuitiva, è che nulla vieta al prossimo terremoto di avere magnitudo superiore. Perché, ma questa è quasi una banalità, l'unica certezza è che ci saranno altri terremoti, è solo il quando che non conosciamo.
Qualcuno, a questo punto, sarebbe tentato di dire "ma che differenza vuoi che faccia 7,1 o 7,0 o 7,2 o 7,5 o 8,0? Facciamo un ponte che resista a 7,5 o 8,0 gradi della scala Ricther e risolviamo il problema". Il problema è proprio qui: tutti sanno che la Richter è una scala di misura, pochi sanno che è una scala logaritmica (a base 10). Senza entrare nei dettagli, un terremoto di 8° non è il 14,3% più intenso di un terremoto di 7°, ma 10 volte più intenso, cioè il 900% (per lo stesso motivo un terremoto di 8° ha una magnitudine rispettivamente 100 e 1000 volte superiore a quella di un terremoto di 6° e 5°). Dunque fare un ponte che resista a un terremoto di 7,2° anziché solo 7,1° richiede molti più sforzi (e risorse economiche) di quel che si potrebbe pensare a prima vista.