Sunday, March 01, 2009

Le malattie intellettuali della sinistra

Ieri sera, prima di uscire a cena, ho visto una parte della trasmissione Che Tempo Che Fa. L'ospite di turno era l'ex ministro dell'Interno Beppe Pisanu. Durante l'intervista il pessimo Fabio Fazio, per l'ennesima volta, ha dato prova di tutta la supponenza della sinistra italiota e della sua consuetudine alla manipolazione dei fatti e delle notizie. Difficile dire se si tratti di un comportamento consapevole o meno; a volte penso che il complesso di superiorità di alcuni personaggi che gravitano attorno a quei modelli politici abbia raggiunto livelli tali da configuarsi quasi come una forma di malattia mentale collettiva, un vero fenomeno sociale di ampie proporzioni.

Ieri sera si è parlato di clandestini; Fazio si è chiesto (ovviamente in modo retorico) se chi fa le leggi si domandi mai che diritto ha di decidere delle sorti di persone che certo non hanno scelto di trovarsi in quella condizione. È uno schema ben collaudato, nemmeno tanto difficile da smascherare: di fronte a un problema reale e tangibile si compie una specie di salto quantico intellettuale verso una dimensione più alta e nobile, che tocca i livelli della coscienza e della filosofia; l'intento è chiaramente quello di banalizzare, ridicolizzare e svuotare di significato il problema iniziale. Certo che nessuno sceglie di nascere nel tempo e nel luogo in cui nasce, ma se affrontiamo la questione da questo punto di vista l'unica possibilità è uno sterile relativismo che porta dritto all'inazione: povero clandestino, avrei potuto nascere io al suo posto, perché accanirmi contro di lui? Lasciamo stare. Tac, e il problema della clandestinità è subito destituito di ogni valenza e fondamento. Il classico schema degli intellettuali di sinistra che devono sempre dire cosa è giusto e cosa è sbagliato, che si ergono a guida dell'umanità (senza che nessuno l'abbia chiesto loro), che hanno sempre una soluzione pronta, di solito opposta a quanto il buon senso suggerisce. La scuola ideologica, la stessa delle grandi religioni monoteiste, un male intellettuale che sembra ancora duro a morire. Io nasco pecora, là fuori c'è un lupo affamato che mi vuole per pranzo o cena, cosa dovrei fare? Fuggire o lasciarmi sbranare pensando che anch'io avrei potuto essere lupo e avere gli stessi istinti? La pecora, in barba agli intellettuali di sinistra, sceglie di fuggire; magari sarà sbranata lo stesso, ma non si arrende. Dovremmo noi arrenderci ai clandestini, alla delinquenza, al degrado, alla violenza? Anche la mia è ovviamente una domanda retorica.

Se vogliamo alzare il livello della discussione possiamo farlo. Allora parliamo dell'errore intellettuale della sinistra, insidioso ma tediosamente ripetitivo. L'inazione e il relativismo sono frutto del non prendere una decisione: non si può essere allo stesso tempo lupo e pecora, è il Principio del Terzo Escluso ("terzium non datur") in vigore da sempre e formalizzato nell'antica Grecia da Aristotele oltre due millenni fa. O sei lupo o sei pecora, il resto appartiene alla sfera della fantasia (o della malattia); la sinistra invece sembra guardare ogni problema dall'alto, non si identifica con nessuna delle parti, al contrario si chiama fuori e si arroga il diritto di giudicare e indicare la via, la verità suprema. Ogni aspetto della vita reale che ci riguarda (a livello individuale, di comunità, di Stato) è come una partita a due in cui noi siamo uno dei giocatori. E come giocatori ci conviene giocare, invece di perdere tempo con troppe seghe mentali.

Per tornare alla trasmissione di ieri sera, a un certo punto, in un inciso, il pessimo Fazio parla di sinistra estrema o radicale come di orribili definizioni. Sono d'accordo con lui. Ma subito dopo Fazio introduce il tema delle ronde (che verrà di lì a poco banalizzato) ben sapendo che il termine stesso, alla luce dei provvedimenti governativi, è scorretto e fuori luogo, dunque volutamente fuorviante per indirizzare l'esito della discussione verso la conclusione desirata. E allora, come mai per la parola "ronde" non valgono le stesse preoccupazioni che si vorrebbero valere per la parola "sinistra radicale"?