Mercoledì 13 Febbraio 2008, un giorno come tanti. Tornavo in ufficio dalla pausa pranzo e, uscito dalla tangenziale ovest, imboccavo la Vigevanese in direzione Milano, imbattendomi nell'autoimbecille di turno. Quello di oggi mi superava sulla sinistra a gran velocità giusto una decina di metri prima di buttarsi sul controviale di destra; naturalmente, data l'esiguità di spazio, per non mancare la corsia laterale, il subumano frenava all'ultimo momento, tagliandomi la strada e costringendo a frenare anche me. A questo punto, mentre procedevamo affiancati, io sulla strada principale e il subumano su quella laterale, entrambi abbassavamo il finestrino. Il subumano mi lanciava per primo insulti, coreograficamente accompagnati dalla classica gestualità manuale rivelatrice di origini ben al di sotto della preziosa Linea Gotica; per contro, io mi limitavo a gridargli, con tono chiaro e cadenza marziale, il mio classico "Italiano! Italiano! Italiano". Visibilmente sorpreso, il subumano ammutoliva e proseguiva perplesso per la sua strada.
Al supermercato o quando qualcuno mi chiede indicazioni stradali senza nemmeno quel minimo di cortesia che corrisponde a "buongiorno, scusi, saprebbe dirmi..." la tecnica è un'altra: di solito rispondo con un "I can't speak any Italian, I am sorry, I'm afraid I can't help you sir". Funziona a meraviglia, nessuno osa più fiatare.