Grazie al collega Claudio pochi giorni fa mi sono ritrovato per le mani Who's The Boss In The Factory (2008, InsideOut), terzo disco degli svedesi Karmakanic (www.reingoldmusic.com).
Di loro avevo letto qualcosa in passato ma senza mai sentire nulla; un paio di ascolti in auto durante il tragitto casa-lavoro-casa sono stati sufficienti a farmi comprendere che mi ero perso davvero tanto.
I Karmakanic sono un cosiddetto progetto collaterale, ovvero una collaborazione estemporanea che si sviluppa tra musicisti più o meno affini, solitamente durante le pause di lavoro dei loro gruppi di origine. In questo caso tutto ha avuto origine per volere di Jonas Reingold, bassista dei The Flower Kings, probabilmente una delle massime espressioni contemporanee del rock progressivo svedese, una scena molto ampia e di caratura notoriamente elevata. A supporto di Reingold troviamo il cantante Göran Edman (già noto e apprezzato per aver collaborato con il virtuoso chitarrista Malmsteen), Krister Jonsson alle chitarre, Lalle Larsson alle tastiere e Zoltan Csörsz alla batteria, nomi tutt'altro che sconosciuti ai cultori di questo genere musicale. Di grande rilievo anche la lista dei collaboratori: Tomas Bodin (tastierista dei The Flower Kings), Andy Tillison all'organo hammond, Lelo Nika alla fisarmonica e soprattutto il sempre straordinario Theo Travis al sax tenore.
Rock progressivo, come si diceva, capace però di mischiare con mestiere una serie di influenze molto ampie, che, oltre a un innegabile richiamo al gruppo madre dei The Flower Kings, toccano punti di riferimento quali Yes, Pink Floyd, Dream Theater e Spock's Beard; questi ultimi sono, almeno per me, il nome meno atteso del lotto, ma anche quelli i cui richiami contribuiscono maggiormente a donare a questo disco una forte vena melodica e un'ossatura sufficientemente lineare (nel senso buono del termine, visto il genere proposto). In effetti i Karmakanic mi ricordano non poco l'approccio dei Transatlantic, altro grandioso progetto collaterale che vedeva coinvolti membri di Dream Theater, The Flower Kings, Marillion e Spock's Beard.
Tutto il CD brilla per ricchezza stilistica (fanno spesso capolino anche influenze jazz-fusion) e perizia tecnica; e non bisogna certo essere dei tecnici per capirlo: basta una buona dose di passione.
Reingold trova lo spazio per campionare la voce del figlio (all'inizio della prima traccia) e dedica un brano alla scomparsa dei suoi genitori a seguito di un incidente stradale.
La conclusione è ovviamente scontata e lasciata sottointesa.
Mi auguro di riuscire a recuperare presto la versione originale.