Ho letto Il Curioso Dei Numeri (2008, Mondadori, traduzione di Tullio Cannillo) di Andrew Hodges. Sulla copertina anche un sottotitolo: Stranezze Matematiche, Controversie Scientifiche, Divagazioni Da 1 A 9.
Come da mia abitudine, aprendolo all'inizio, sono subito andato alla ricerca del titolo originale: One To Nine.
Mi domando se un giorno riuscirò mai a capire qualcosa delle logiche e delle eventuali regole che ispirano il processo di traduzione dall'Inglese al Toscano di un libro o di un film. Un caso come questo, tra le altre cose, rende abbastanza bene quanto la filosofia di fondo anglosassone sia distante da quella mediterranea: concisa e pratica, la prima, verbosa e burocratica, la seconda.
Nove capitoli, ciascuno dei quali dedicato a un numero, o meglio a una cifra.
L'autore, un ricercatore di fisica matematica che vanta importanti collaborazioni, tenta di svelare il significato profondo dei numeri parlando di filosofia, matematica antica e moderna, fisica dei quanti, musica e altro ancora. Ma a mio parere il tentativo non riesce.
Questo è un libro difficile, molto difficile, per vari motivi. Qui si parla di concetti scientifici, con particolare riferimento alla fisica degli ultimi cento anni, che sono estremamente ardui da comprendere non solo per la classica casalinga di Voghera ma anche per chi ha alle spalle studi universitari proprio in campo scientifico. La maggior parte dei concetti espressi nel testo non è quasi mai spiegata in modo semplice e intuitivo, ma al contrario sembra buttata lì e citata in modo superficiale; sembra che l'autore voglia farci capire quanto egli sia bravo e sappia, ma quel che rimane al lettore è molto poco. E lo dico da appassionato della materia trattata da Hodges. Quel che si fa fatica a comprendere è il vero destinatario di un'opera come questa (forse un dottorando di fisica teorica?). Gli stessi concetti, affrontati da altri divulgatori, sarebbero certamente risultati più interessanti e digeribili, probabilmente anche curiosi e divertenti.
L'unica curiosità che ho trovato è che nel testo Hodges fa trasparire tutta la sua passione per il sudoku e per i Pet Shop Boys; e, con riferimento ai secondi, chi come me è cresciuto con la musica degli anni '80 sa bene di cosa parlo.
Sono andato a leggermi qualche recensione su internet. Molti siti riportano le stesse identiche parole e ho trovato persino operazioni di copia-e-incolla tra i commenti di alcuni lettori. Di questo testo si parla in genere molto bene, ma leggendo quel che riportano i vari siti si ha l'impressione forte, anzi fortissima, che il recensore di turno ci abbia capito ben poco, che abbia letto cose che non ha compreso, e che nel dubbio ha espresso parole positive. Ma i commenti sembrano decontestualizzati, lontani, alieni; si percepisce in modo palpabile che il recensore non possiede la materia di cui parla; sembra di trovarsi di fronte a recensioni di circostanza, un esercizio di inutile retorica.
Mi hanno colpito anche le lodi per lo stile di scrittura dell'autore; al contrario io penso sia proprio questo uno dei limiti più grossi del libro in oggetto.