Ho tre ricordi nitidi legati all'11 Settembre 2001.
Il primo riguarda me. Quella mattina, con un amico, ci eravamo alzati presto; da Alta, la città delle pitture rupestri, nella parte norvegese della Terra dei Sami (ancora oggi erroneamente chiamata Lapponia), ci siamo diretti dapprima verso la "Valle dei Troll Pietrificati", luogo sublime, e poi a est. Guidavamo nella bellezza indescrivibile di quei paesaggi incantati quando, in tarda mattinata, la radio ha cominciato a trasmettere notizie per noi incomprensibili con una cadenza di circa 15 minuti; Washingtonissa e New Yorkissa erano le uniche parole (finlandesi) di senso compiuto che riuscivamo a carpire da un'emittente locale quasi sempre gracchiante. Si intuiva che negli Stati Uniti fosse accaduto qualcosa di grave, ma in quel clima vacanziero non ci siamo preoccupati più di tanto, e soprattutto non eravamo preparati al peggio; amici e parenti, nel frattempo, ci avevano inviato decine di SMS, ma eravamo in zone dove i cellulari non prendevano e a un certo punto li abbiamo addirittura spenti. Nel tardo pomeriggio, proseguendo verso sud, ci siamo avvicinati al confine con la Finlandia, che abbiamo poi varcato in serata. Entrati nella Samilandia finnica, fermi a rifornire in una stazione di servizio automatica, ho riacceso il telefono e letto i messaggi. Ho chiamato mio padre: "i terroristi hanno tirato giù le Torri Gemelle con due aerei di linea; un terzo aereo è caduto sul Pentagono e un altro non si sa bene dove; qualcuno parla di ventimila morti; la gente si è buttata dai piani incendiati per sfuggire alle fiamme". Ricordo ancora lo shock provato, amplificato dal lavorio feroce dell'immaginazione. Poi abbiamo raggiunto Inari, erano le 22.00 passate, e in TV, nel piccolo albergo, abbiamo visto quelle immagini che tutti conosciamo. Fin troppo facile dire che sembrava un film. Nei giorni successivi è stato difficile divagare e fissare l'attenzione su altro, un po' come quando ti muore un amico o un parente vicino: metà del cervello continua a comportarsi in modo normale, l'altra metà non può fare a meno di pensare; sembra un'ossesione.
Il secondo ricordo è il racconto di mia sorella; si trovava nel classico albergo per occidentali di una famosa città turistica della Tunisia. Quando la TV ha trasmesso le prime immagini del disastro, il personale locale è scoppiato in un applauso inatteso. "Non ci hanno fatto nulla e con noi hanno continuato a comportarsi bene come prima, ma avevamo paura".
Il terzo ricordo è di qualche mese più tardi. All'epoca ero consigliere comunale di opposizione nel piccolo paese a sud di Milano in cui ancora risiedo. Rievocando quegli eventi un consigliere di Rifondazione Comunista confessava di essersi dissociato da alcuni suoi amici che la sera dell'11 Settembre avevano brindato al crollo delle torri.