In questo Paese, tra le tante cattive abitudini (di cui dobbiamo ringraziare in buona parte i nostri acculturati giornalisti), c'è anche quella di importare il peggio dalle altre Nazioni, con un occhio di particolare riguardo agli Stati Uniti d'America. Qualcuno ha detto McDonald's o CocaCola?
A volte, addirittura, importiamo usanze o tradizioni che più o meno lontanamente ci appartengono. Ne sono un esempio le celebrazioni di Halloween, esportate dapprima negli Stati Uniti dall'Irlanda e recentemente reinportate in Europa dagli stessi USA (nel corso di questi due passaggi, come noto, c'è stata una sfrenata iniezione di consumismo).
E poi ci sono le importazioni linguistiche, ma di questo parlerò in un'altra occasione.
Qui voglio solo accennare all'utilizzo ormai imperante del termine governatore per indicare un presidente di Regione.
Come ho già ricordato all'inizio le colpe sono soprattutto giornalistiche. Dire governatore, oggi, fa persino pensare a un certo grado di autonomia di una Regione rispetto allo Stato centrale; pensiamo alla nostra Lombardia e al suo attuale presidente Formigoni, il governatore per eccellenza. Questa convinzione deriva da un naturale rimando ai governatori degli stati USA, che in effetti, nell'ambito di uno Stato federale, godono di una non idifferente autonomia.
Ma noi non siamo gli USA. E soprattutto non siamo uno stato federale (o meglio, lo siamo, unico caso al mondo, solo dal punto di vista dell'applicazione delle tasse).
Al contrario io trovo il termine governatore particolarmente odioso e direttamente connesso a uno Stato centrale e centralista. Il termine, infatti, rimanda ai proconsoli romani, ai satrapi persiani, e agli imperi coloniali in genere. Governatore è colui che governa un territorio, una provincia, una regione, una colonia, cioè entità non sovrane, per conto di qualcun altro, ovvero il sovrano stesso.
Ha ragione Grillo: ci stanno fregando con le parole.