È raro che commenti fatti di cronaca, ma c'è un caso recente che mi ha colpito molto. È la vicenda del chirurgo cinquantenne di Pescara accusato di aver asportato un rene a un'anziana di 74 anni. La donna, entrata in ospedale nell'Ottobre 2006 per curare un tumore all'intestino, è deceduta dopo tre operazioni nel Gennaio 2007. Il rene sarebbe stato asportato in quanto incautamente danneggiato durante uno degli interventi. Il medico è stato arrestato con l'accusa di omicidio colposo, soppressione di atto pubblico e falso ideologico in atto pubblico (sono state accertate la distruzione del verbale della seconda operazione e la falsificazione di quelli delle altre due). Messo ai domiciliari, riarrestato brevemente, al momento in cui scrivo, è tornato di nuovo ai domiciliari. I retroscena sono emersi dopo la denuncia della figlia della paziente; l'inchiesta che ne è seguita ha condotto all'autopsia sul corpo della madre, da cui l'inattesa scoperta dell'assenza del rene sinistro (in contrasto con alcune lastre che dimostano la presenza del rene, proprio prima dell'ultimo intervento). È stato inoltre evidenziato come il foglio del registro degli interventi sia stato strappato e sostituito con un fax mentre le indagini erano già in corso.
Il fatto è agghiacciante di per sé, ma ci sono almeno tre cose ancora peggiori: in primo luogo un'intercettazione telefonica in cui il chirurgo avrebbe detto "non c'è da agitarsi più di tanto perchè non lo potranno mai dimostrare"; in secondo luogo l'accusa di omicidio colposo, evidentemente troppo blanda e inappropriata; da ultimo - soprattutto - la giustizia di questo Paese che, temo, produrrà una condanna ridicola, e dunque blasfema.
La mia posizione è nota: una persona così non deve andare in carcere, sarebbe inutile, come sempre è inutile il carcere; la condanna giusta è il lavoro sino alla pensione in una qualunque struttura di assistenza sociale, possibilmente a sostegno di anziani, disabili e malati terminali.