Chi è più vecchio dovrebbe insegnare la cultura del risparmio a chi è più giovane. Mi accorgo che con mio padre spesso avviene il contrario. Ogni tanto lo vedo intento a leggere quei pieghevoli che noi tutti, settimanalmente, troviamo nella casella della posta; quelli con le offerte, le super-offerte, i sotto-costo, i sotto-sotto-costo delle varie catene di supermercati del comparto alimentare, degli eletrodomestici, dell'abbigliamento, degli articoli sportivi, del bricolage, del giardinaggio, ecc. Magari mi dice: "hai visto questo trapano? Costa solo..." oppure "c'è una stampante per etichette a soli...". La mia risposta è sempre la stessa: "sei sicuro che ti serve?".
Dipendesse da me molte aziende potrebbero chiudere. La pubblicità, in teoria, è uno strumento nobile: può farci conoscere prodotti innovativi e soluzioni che consentono grandi risparmi. Quasi sempre, tuttavia, viene utilizzata per spingerci a sostituire prodotti nuovi con prodotti più nuovi (la frase non è mia). Ci prendono d'impulso, perché il bombardamento informativo e pubblicitario atrofizza l'uso della nostra consapevolezza, che è il nostro unico, potentissimo antidoto contro gli impulsi stessi. Non siamo presenti a noi stessi, siamo cronicamente di fretta, con le gambe e con la mente; è così che ci fregano (e noi faremmo altrettanto se fossimo a capo di quelle grosse aziende). La parola impulso non è buttata lì a caso: nei supermercati perfino la disposizione delle merci sugli scaffali è analizzata attentamente per massimizzare quelli che sono infatti detti acquisti d'impulso (cose rigorosamente studiate e insegnate, per esempio, al corso di Logistica Industriale che ho frequentato al Politecnico di Milano una dozzina d'anni fa). Certi prodotti si trovano vicino alle casse o sono posti ad altezza di bambino, di solito sono anche quelli più inutili (e quelli che garantiscono il miglior margine a chi li vende). Se ci fate caso, tutti i centri distributivi in cui andiamo a far compere sono ormai organizzati nello stesso modo. È probabile che quello sia il modo più efficiente; altrettanto probabile che i destinatari di tanta efficienza non siamo noi.
La pubblicità è diventata una macchina perfetta per trasferire denaro dalla parte più ricca della società a quella più povera; è un efficientissimo estrattore di risparmi. Il nostro sistema economico si basa infatti sulla continuità e sulla crescita dei consumi; non è un caso che le crisi economiche si verificano in occasione di una diminuzione dei consumi anziché, come sarebbe logico attendersi, di una decrescita della produzione. È il mondo dell'economia all'incontrario di cui ho parlato in altri post.
Che fare per difendersi? Si può agire su due fronti. Il primo è quello di una regolamentazione più attenta agli aspetti ingannevoli della pubblicità. Ma queste sono cose su cui possiamo fare solo qualche pressione, che fondamentalmente non dipendono da noi, e che possono realizzarsi in tempi lunghi, quindi meglio passare oltre. Il secondo fronte è invece quello più semplice, che dipende da noi, tra l'altro gratis e subito disponibile: pensare ed essere consapevoli. È più semplice di quanto possa sembrare: di fronte a un acquisto invogliato da una pubblicità basta porsi la semplice domanda "mi serve davvero?". Si può anche annotare da qualche parte la serie di tutti gli importi di prodotti non acquistati e vederne l'entità a fine anno. L'unica cosa difficile è cominciare, dopo è una discesa facile facile, veloce veloce.
In fondo la pubblicità è come un gioco di prestigio; l'attrazione e la meraviglia sono immense fin tanto che non si conosce il trucco, ma se questo viene svelato la magia perde immediatamente d'efficacia e diviene inutile. Il nostro cervello contiene tutto quel che serve per smascherare i trucchi e, laddove non ci arriva, c'è sempre internet.