Saturday, April 05, 2008

Scrivere meglio, scrivere meno

Sto continuando a leggere "L'Italiano. Lezioni semiserie" (2007, Rizzoli) di Beppe Severgnini (www.beppesevergnini.com), me lo sto gustando lentamente.

L'autore indica sedici semplici suggerimenti per scrivere meglio; di questi i primi quattro sono:

01. Avere qualcosa da dire
02. Dirlo
03. Dirlo brevemente
04. Non ridirlo. Se mai, rileggerlo

A proposito del primo, scrive:

"Prima di mettersi a scrivere, occorre avere qualcosa da dire [...]. Se non si ha (ancora) nulla da dire, si aspetta. Per trenta secondi, tre minuti o tre anni: dipende.
Sembra ovvio. Non lo è. Spesso chi scrive si butta sulla tastiera o sul foglio, pensando: deciderò poi cosa dire. Altri hanno solo una vaga idea in testa. Strada facendo - sono convinti - tutto risulterà chiaro. È un errore, questo, che commettono giornalisti professionisti e romanzieri dilettanti (le colpe dei primi sono più gravi). Partono senza sapere dove vogliono andare. E, ovviamente, si perdono per strada.
Immaginate di lasciare Milano uscendo a caso dalla tangenziale; e poi di prendere le strade che capitano. Chiamatelo vagabondaggio (ha i suoi meriti); non chiamatelo viaggio. Un viaggio ha una meta. Talvolta incerta, spesso provvisoria, quasi sempre modificabile. Ma se uno, da Milano, vuole andare a Brescia, deve dirigersi a est. È inutile partire a caso, ritrovarsi a Pavia ed essere costretti a tornare indietro".

Un suggerimento per il terzo punto:

"Scrivere è come scolpire, bisogna togliere. È un esercizio faticoso, e qualcuno preferisce evitarlo. Ecco spiegata la massa di parole inutili a spasso per il sistema solare".

E infine il quarto punto:

"C'è una parola che quarant'anni fa scivolava nei grembiuli scolastici e rimbalzava sui banchi color acquamarina, e alla fine s'è conficcata nelle nostre teste: rileggere. Le maestre c'insegnavano a scrivere, ci chiedevano di leggere, ma c'imponevano di rileggere. Oggi pochi rileggono. I bambini d'allora, conquistati una tastiera e un indirizzo e-mail, ritengono che la velocità e la quantità siano così importanti da dover sacrificare tutto. Anche la decenza e la chiarezza [...].
La non-rilettura ha conseguenze. È raro che renda il testo incomprensibile, ma è chiaro che porta a correre rischi. Qualcuno pensa che il correttore automatico risolva tutto, ma non è vero. Come il dizionario T9 dei cellulari, s'accontenta che una parola abbia senso compiuto [...].
Un piccolo errore [...] va perdonato. Due errori possono dipendere dalla fretta, tre da un momento particolare (amori difficili, cattiva digestione). Cinque errori in una e-mail, invece, sono prova di menefreghismo. È come presentarsi in pubblico coi calzini bucati (probabilmente, l'ex presidente della Banca Mondiale Paul Wolfowitz è uno che non rilegge le e-mail).
So cosa state pensando: e gli SMS, allora? [...] Risposta: un quindicenne che inviasse messaggi ortograficamente impeccabili non troverebbe mai la ragazza. Questo mi sembra un buon motivo per concedergli una dispensa. Ma le e-mail di oggi sono le lettere di ieri: strumenti adulti, ormai. Ne spediamo di più, certo, ma questa non è una ragione per lasciare schifezze nel cyberspazio".