Tuesday, April 01, 2008

Considerazioni sull'Expo 2015

Ieri pomeriggio, a Parigi, i delegati di 154 nazioni, con il loro voto, hanno indicato Milano come sede per l'Expo 2015. Ottimo risultato, ora spero che il mio amico Steve riconsideri una sua celebre convinzione ("Milano, ormai, è una partita persa").

Questa è probabilmente l'ultima occasione per fare di Milano una città europea (cioè normale, all'eccellenza, forse, penseremo più avanti). Qualunque cosa accada nei prossimi sette anni mi auguro di vedere una netta tendenza ecologista (lo dobbiamo ad Al Gore che ci ha sostenuto, ma prima di tutto al pianeta e ancor più a noi stessi), vorrei vedere più verde, più alberi piantati, meno edifici, meno strutture inutili, e quelle che ci già ci sono riqualificate in modo più intelligente (o anche abbattute), in vista di un risparmio energetico e di un recupero della bellezza. E niente appalti alle mafie, già pronte a capitalizzare il risultato.

Cercheranno di farla passare come una vittoria della cosiddetta Italia, ma a noi interessa poco. L'Expo 2015 avrà le sue ricadute su Milano e sulla Lombardia, la cosiddetta Italia non ci interessa.

Ma c'è una cosa che mi preme sottolineare. Il sindaco Letizia Moratti ha portato a casa un grande risultato, ottenuto da un lato con progetti concreti e dall'altro con una paziente opera di diplomazia. Ma noi non siamo Roma, noi non siamo la cosiddetta Italia. La Moratti ha accettato il rischio di perdere i voti della Cina e dei Paesi sotto la sua influenza. Nel Dicembre 2007, durante la visita del Dalai Lama, le istituzioni centrali italiane (nelle figure di Prodi, dei suoi ministri, ma anche di Berlusconi) e quelle vaticane (nella figura del Papa) si sono rifiutate di incontralo. Qui invece abbiamo ragionato in modo diverso e, di fronte alle pressioni cinesi, la risposta è stata semplice: certe cose vengono prima di altre; il rispetto dei diritti umani viene prima, molto prima, di una promessa d'appoggio alla candidatura di Milano all'Expo 2015. La Moratti, Penati e Formigoni una volta tanto ci hanno rappresentato in modo degno: hanno accolto il Dalai Lama, l'hanno incontrato, sono stati vicino a lui, non si sono vergognati, anzi, ne sono stati orgogliosi.

Ecco perché Milano non è Roma.