Wednesday, April 16, 2008

L'analisi di Grillo, la secessione e le colpe di Berlusconi

Nel suo post di ieri intitolato "Loro non molleranno mai, noi neppure" Beppe Grillo (www.beppegrillo.it) scrive: "Il voto a MPA e alla Lega è un segnale di si salvi chi può. Ognuno per sé e Dio per tutti. Se Soru, per fare un esempio, avesse presentato una lista secessionista in Sardegna avrebbe vinto a mani basse".

L'analisi di Grillo è in parte corretta; dico in parte perché purtroppo solo una quota minoritaria di quei voti ha avuto una caratterizzazione secessionista.
Continuano tutti a non sentirci, a non vedere o a fare finta, sono tutti intenti a dare grandi spiegazioni e a fare analisi profonde (c'è ancora qualche pirlotto che incredibilmente si presenta in TV e parla di voto di protesta, come faceva un tempo Forlani), ma non hanno l'onestà intellettuale di descrivere quel che è ovvio. L'ovvio è che l'Italia non esiste. Non solo questo Stato è il frutto di un assemblaggio artificiale di matrice piemontese, ma nel corso dell'ultimo secolo e mezzo non si è fatto nulla per tentare di unirlo veramente. Perché continuare a pensare di poter passare dall'altra parte del muro prendendolo a testate, quando basterebbe spostarsi di poco e vedere che c'è una porta da aprire? Il declino di questo Paese si risolve creandone cinque: Padania, Etruria, Italia, Sardegna, Sicilia. E ciascuno si organizzi come meglio crede. Ma almeno sarebbero Stati con una dimensione geografica e demografica ragionevole.

In questo Berlusconi ha le sue colpe. Quando nel 1994 ha dichiarato di appoggiare la candidatura di Gianfranco Fini a Roma si è capito il reale potere di quell'uomo. La nascita politica di Fini comincia lì; sono bastate le dichiarazioni di Berlusconi per democratizzare (sdoganare come si dice in gergo) milioni di voti di altrettanti cittadini. Il problema di Berlusconi è sempre lo stesso: voler necessariamente piacere a tutti, voler conquistare tutti. Berlusconi avrà nei libri di storia un peso molto minore di quel che si potrebbe pensare. In fondo ha stretto amicizie con i più grandi uomini politici contemporanei (Bush e Putin su tutti), ma se si chiede di citare qualche suo atto di governo esemplare si fa fatica a tirar fuori una risposta convincente. Rimprovero a Berlusconi di non aver detto la frase che lo avrebbe fatto davvero entrare nella Storia: "ci sono le condizioni storiche e politiche per indire un referendum democratico per l'indipendenza del Nord come si è fatto in Québec".