di Aldo Grasso
(apparso in origine su www.corriere.it il 24/04/2002)
È passato quasi un mese dall'improvvisa scomparsa di Daniele Vimercati e certe sere mi trovo a cercare affannosamente la sua immagine su TeleLombardia. Era davvero un bravo conduttore. Il suo talk-show politico, Iceberg, era diventato uno di quegli appuntamenti, e sono pochi, che aiutano lo spettatore a capire qualcosa in più: della politica, degli uomini, della vita. Tempo fa, quando il direttore di Sette, Maria Luisa Agnese, mi chiese di fare un viaggio nelle TV locali alla ricerca di personaggi e trasmissioni commendevoli il primo nome che ci venne in mente, giusto per avere un modello ideale, fu proprio quello di Vimercati. E il viaggio partì da lui, che personalmente non conoscevo ma che da tempo avevo avuto modo di apprezzare. Mi avevano colpito il suo senso di indipendenza, la sua preparazione, il suo sforzo sincero di capire, anche le persone che erano molto distanti dal suo modo di pensare. Dagli ospiti sapeva trarre il meglio, sapeva costringerli a ragionare, persino i più scalmanati e rissosi. Un mattino ricevetti una sua telefonata di ringraziamento e fu così gentile che i ruoli subito si invertirono e il gratificato fui io. Parlammo di Indro Montanelli, che lui giustamente chiamava il mio mito, di giornali, di TV. Mi parve giusto dirgli: "Adesso tocca a lei andare in RAI. Nessuno meglio di lei potrà dirigere i TG regionali". Rispose: "Ma chi me lo fa fare? Dove lo trovo un canale che mi lascia gestire in autonomia totale una trasmissione come la mia? Con questi chiari di luna poi". Lì per lì pensai che si schermisse e invece così non era. Se n'è andato giovane, nel momento che cominciava a cogliere i frutti meritati del suo lavoro. Se ne vanno sempre i migliori, anche in TV. E dire che i network nazionali avrebbero un gran bisogno di persone per bene come Daniele Vimercati.